Abiti usati: nelle discariche un tesoro da 36 milioni di euro

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Abiti usati: nelle discariche un tesoro da 36 milioni di euro

Sono 240mila le tonnellate di rifiuti tessili recuperabili dal costo di smaltimento dei rifiuti urbani. Secondo la Fondazione Sviluppo Sostenibile una più efficace raccolta differenziata, permetterebbe un recupero fino a 5 chili pro-capite ogni anno.
Il rispetto per l’ambiente passa anche per il riciclo degli abiti usati. Raccogliere e riconvertire un chilo di rifiuti tessili, infatti, può ridurre di 3,6 kg le emissioni di CO2, di 6mila litri il consumo di acqua, 0,3 kg di fertilizzanti e 0,2 kg di pesticidi. Non solo. Con una raccolta differenziata più efficace e mirata in Italia si potrebbero recuperare da 3 a 5 chili di rifiuti tessili pro-capite l’anno che vengono oggi gettati malamente nell’immondizia insieme a tutta l’altra spazzatura. A sostenerlo è il Rapporto ‘L’Italia del riciclo 2010′, presentato il 2 novembre dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile, che riporta i dati di uno studio condotto da un team di ricercatori dell’Università di Copenaghen.
Secondo gli studiosi il consumo europeo annuo di abiti, accessori e prodotti tessili è pari a circa 10 kg l’anno per abitante. Il tutto con effetti positivi sia su scala internazionale, dove con un chilo di abiti usati raccolti ridurrebbe sensibilmente l’emissione di anidride carbonica, il consumo di acqua, fertilizzanti e pesticidi, ma anche a livello italiano dove si potrebbe ottenere un risparmio di consumi di acqua pari ad 1.440 milioni di metricubi l’anno. Nel Bel Paese si otterrebbero anche riduzioni notevoli di 864mila ton/anno di emissioni di Co2, di 72mila ton/anno di uso di fertilizzanti e di 48mila ton/anno di uso di pesticidi. Raccogliere abiti usati nel nostro Paese, quindi, vorrebbe dire raccogliere dalle disceriche circa 240mila tonnellate di rifiuti (o frazioni) tessili.
“Questo impegno – assicura la Fondazione Sviluppo Sostenibile nel suo Rapporto – unito ad un efficiente servizio di raccolta differenziata significherebbe un risparmio del costo di smaltimento di rifiuti urbani pari a circa 36 milioni di euro”. Il Rapporto, però, sottolinea anche l’oggettiva difficoltà di “intercettare l’intera quantità della frazione tessile da raccolte differenziate, anche se in alcune zone del territorio, in particolare in Italia settentrionale, si sono registrati notevoli risultati”.
Attualmente le frazioni che si ottengono dal trattamento vengono destinate per il 68% al riutilizzo, per il 25% al riciclo, per il 7% a smaltimento. Ma di fatto chi gestisce il ciclo? L’etichetta di ‘rifiuto urbano’ colloca questo genere di raccolta sotto il diretto controllo del Comune e, quindi, del gestore del servizio che provvede alla raccolta direttamente o tramite soggetti convenzionati. “Per effettuare l’attività di raccolta e trasporto – si legge nel Rapporto – è dunque necessario che l’impresa sia iscritta con i propri mezzi all’Albo Gestori Ambientali”.
Come è possibile allora recuperare questo ‘tesoro’? La raccolta può avvenire con contenitori stradali dedicati o presso le isole ecologiche. In ambito urbano la raccolta è effettuata tramite appositi ‘cassonetti’opportunamente distribuiti sul territorio. “Il recupero delle materie, oltre a rappresentare un importante fattore economico e strategico per l’approvvigionamento delle materie seconde per i settori produttivi – sottolinea lo studio di Fondazione Sviluppo Sostenibile – si presenta come un importante alleato per l’abbattimento dell’impatto ambientale dell’industria”. Una proiezione presente e future ottimistica quella dell’Istituto, supportata anche dai numeri.
Confrontando i dati relativi alla produzione nazionale di rifiuti urbani con la raccolta differenziata totale e la raccolta specifica della frazione tessile dal 2001 al 2008, infatti, il dossier fa notare “come la percentuale di raccolta della frazione tessile è raddoppiata, passando dallo 0,11% allo 0,22%, mentre il valore medio pro-capite ha subito solo un lieve aumento, anche se resta sostanziale la differenza tra le aree del Nord, Centro e Sud Italia”.
Nel Bel Paese la gestione del settore è attualmente affidata al Consorzio nazionale abiti usati (Conau) il cui obiettivo è quello di assicurare, razionalizzare, organizzare e disciplinare la raccolta di abiti e accessori usati provenienti dalla differenziata che, come sottolinea la Fondazione è la “condizione indispensabile per garantirne il recupero attraverso il riutilizzo ed il riciclo”.