Storia di Andrea, il disobbediente che svelò i furti di Ferrovie Nord

Home Movimenti Storia di Andrea, il disobbediente che svelò i furti di Ferrovie Nord
Storia di Andrea, il disobbediente che svelò i furti di Ferrovie Nord

foto andreaDa oggi il suo libro-verità, presentato al Senato con Grasso, Cantone, Gabanelli e Lillo. Storia di Andrea, il disobbediente che svelò i furti di Ferrovie Nord
Ieri, al Senato, Forza Italia e la sua ruota di scorta detta Lega Nord hanno tentato di affossare la legge sul whistleblowing (prima firmataria Francesca Businarolo, M5S) che tutela finalmente chi denuncia casi di corruzione e riempie uno scandaloso vuoto denunciato ancora l’altroieri da Transparency International. Per fortuna la manovra del partito dell’impunità è fallita. Oggi esce nelle librerie e nelle edicole il libro di Andrea Franzoso Il disobbediente (Paper First), presentato alle 17.30 nella sala Koch del Senato col presidente Piero Grasso, il capo dell’Anac Raffaele Cantone, Milena Gabanelli e Marco Lillo.
Chi è il whistleblower? Letteralmente è il “suonatore di fischietto”, cioè chi denuncia casi di corruzione e malaffare nei luoghi di lavoro, come lo chiamano negli Usa, in Gran Bretagna e in altri Paesi civili che lo tutelano come specie protetta. E chi è Andrea Franzoso? I nostri lettori con buona memoria lo conoscono bene. Nel febbraio 2015 era un funzionario di Ferrovie Nord Milano e scoprì che il suo presidente Norberto Achille usava denaro pubblico per fini personali. Fra le sue spese folli c’era di tutto: film porno, viaggi, abiti firmati, poker online, prodotti di elettronica, articoli per la casa e oltre 180 mila euro di multe accumulate dal figlio con l’auto aziendale. E poi tre quadri per l’ex presidente della Regione Roberto Formigoni, una stampa antica per il comandante dei Carabinieri ecc. Franzoso segnalò il tutto per le vie interne, ma la risposta fu il classico “Lascia stare”. Allora si rivolse alle forze dell’ordine con un esposto, che innescò un’indagine della Procura di Milano per peculato e truffa aggravata. Il presidente fu costretto a dimettersi e rinviato a giudizio: l’altroieri il pm ha chiesto la sua condanna a 2 anni e 8 mesi di carcere. E Franzoso? Ferrovie Nord, anziché premiarlo, lo trasferisce d’ufficio, senza più ruoli di controllo, fino a quando lui, stremato e indignato, lascia il lavoro. “Dalla sua società – scrive Milena Gabanelli nel libro – Andrea non ha ricevuto un encomio, ma la rimozione dal suo posto di lavoro. Intorno a lui gli ignavi: quelli che vedono, sanno, si lamentano e poi girano la testa. È questa massa senza onore e sempre sedotta da coloro che disprezzano, a sconfiggere il Paese. Sono loro i veri nemici degli uomini che non hanno prezzo”. E Cantone, nella postfazione: “Franzoso incarna alla perfezione l’archetipo del vero whistleblower: disinteressato e mosso soltanto dalla coscienza civica, ha anteposto l’interesse collettivo a quello personale”. “Nonostante tutto, ne valeva la pena”, osserva nella prefazione Gian Antonio Stella: “Perché, come spiegò Martin Luther King, saremo chiamati un giorno a render conto delle nostre scelte”. E poi, una volta tanto, ci sono concrete speranze di un lieto fine, sia per il processo attivato dalle denunce di Andrea, sia per quel che sta accadendo persino in Italia: dal caso di alcuni anni fa di Raphael Rossi, che smascherò a Torino il sistema delle mazzette all’Amiat-rifiuti, a quello recentissimo di Philip Laroma, il tributarista anglo-fiorentino che ha denudato la cupola delle raccomandazioni nei concorsi universitari, rifiutando l’amorevole consiglio del barone di turno: “Dai retta, non fare l’inglese, fai l’italiano”. E Philip, come Raphael e Andrea, ha deciso che esiste anche un modo onesto e dignitoso di fare l’italiano: non piegarsi al sopruso e all’illegalità.
È anche grazie a loro – non eroi, ma semplici testimoni della banalità del bene – se in Parlamento avanza sia pur a fatica il Ddl “Businarolo e altri” a tutela del whistleblower, sostenuto dalle associazioni Riparte il futuro e Transparency con la petizione #vocidigiustizia che ha superato le 60 mila firme, approvata alla Camera il 21 gennaio 2016 e ora – si spera – anche al Senato prima della fine della legislatura. A Palazzo Madama è rimasto fermo per quasi otto mesi, prima di passare il vaglio delle commissioni Affari costituzionali e Bilancio, anche se quest’ultima ha bocciato il “fondo di ristoro” per assistere i denuncianti che subiscono ritorsioni in attesa dei risarcimenti giudiziari. Proprio ieri è iniziata la discussione in aula. E la presenza di Grasso oggi alla presentazione del libro sembra di buon auspicio. Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano