Ecco quali sono le Banche armate

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Ecco quali sono le Banche armate

Banche armatewwwE’ stata finalmente pubblicata sui siti di Camera e Senato la “Relazione annuale della Presidenza del Consiglio sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo delle esportazioni, importazioni e transito dei materiali di armamento” trasmessa dal presidente del Consiglio Enrico Letta al Parlamento lo scorso 17 giugno, con oltre due mesi di ritardo rispetto a quanto previsto dalla legge 185/90 che fissa come termine il 31 marzo di ciascun anno.
Unimondo già dallo scorso luglio è stato in grado di anticipare i dati salienti delle esportazioni di sistemi militari attribuibili – come spiega una succinta nota del premier Letta allegata alla Relazione – al precedente governo Monti: si tratta di oltre 2,7 miliardi di euro di autorizzazioni all’esportazione di armamenti rilasciate dall’esecutivo dei tecnici (ma il valore esatto è di quasi 3 miliardi di euro) e altrettanti per le effettive consegne di soli materiali militari (2.979.152.817 euro). Il maggiore acquirente è Israele soprattutto per l’ordinativo alla Alenia Aermacchi di 30 velivoli addestratori M-346 e altro materiale per un valore complessivo di quasi 473 milioni di euro. Tra i principali destinatari di sistemi militari, oltre agli Stati Uniti (419 milioni di euro), figurano l’Algeria (263 milioni), l’Arabia Saudita (245 milioni) e il Turkmenistan (216 milioni).
Le operazioni delle banche: BNP Paribas e Deutsche Bank al comando
Tra gli allegati che fanno parte della Relazione governativa figura la relazione predisposta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (quest’anno inserita nel Volume I) che tra l’altro rendiconta il numero e l’ammontare complessivo delle operazioni autorizzate agli Istituti di Credito per esportazioni di sistemi militari. Si tratta di 759 operazioni di esportazione definitiva per un valore complessivo di oltre 2,7 miliardi di euro (€ 2.761.213.331). Al riguardo, il ministero ha inoltre autorizzato operazioni bancarie relative a pagamenti per compensi di intermediazione per un totale di oltre 62 milioni di euro.
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A guidare la classifica (si veda la Tabella in .pdf) è ancora una volta il gruppo francese BNP Paribas con oltre 1.050 milioni di euro: la parte più consistente delle operazioni è svolta da BNP Paribas Succursale Italia (quasi 942 milioni di euro pari al 34,1%) mentre la controllata Banca Nazionale del Lavoro ne ha svolti per oltre 108 milioni di euro (pari al 3,9%). Al secondo posto si conferma il colosso tedesco Deutsche Bank che ha assunto operazioni per oltre 743 milioni di euro (il 26,9%).
Al terzo posto ritorna, e soprattutto con una singola operazione di forte consistenza (si veda più avanti), UniCredit che nelle’insieme ha assunto autorizzazioni per quasi 541 milioni di euro (il 19,6% sul totale). Al quarto posto troviamo Barclays Bank che ha svolto operazioni per oltre 232 milioni di euro (l’8,4% del totale). Nel loro insieme questi quattro gruppi bancari hanno realizzato operazioni relative ad incassi per esportazioni di armamenti italiani per 2.566 milioni di euro, pari al 93% del totale.
In forte diminuzione le operazioni assunte dalle banche del gruppo UBI Banca (meno di 5,5 milioni, erano quasi 172 milioni nel 2011) mentre è praticamente assente, per il terzo anno consecutivo, il gruppo Intesa Sanpaolo che dal luglio del 2007 ha sospeso definitivamente “la partecipazione a operazioni finanziarie che riguardano il commercio e la produzione di armi e di sistemi d’arma, pur consentite dalla legge 185/90”. In crescita, invece, le operazioni svolte dalla Cassa di Risparmio della Spezia (68,5 milioni di euro) che dal 2011 è stata incorporata nel gruppo Cariparma – Crédit Agricole la quale nel 2012 ha assunto operazioni pressochè irrilevanti rispetto agli oltre 179 milioni di euro dell’anno precedente. Seguono quindi Commerzbank (32 milioni di euro), Société Générale (17 milioni), il Banco di Sardegna (quasi 15 milioni), Europe Arab Bank (quasi 14 milioni) e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (11,6 milioni) ed alcune banche italiane: Banca Valsabbina (11,3 milioni), Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio (quasi 7 milioni) e Banca Carige (5,5 milioni).
UniCredit triplica e finanzia gli addestratori M-346 per Israele
UniCredit torna nel business dell’export di sistemi militari: non solo ha triplicato il valore delle proprie operazioni nel settore (dai 178 milioni di euro del 2011 ai 541 milioni del 2012) ma il nuovo impegno nel settore militare da parte del principale gruppo bancario italiano appare chiaro se si considerano sia la tipologia delle operazioni recentemente assunte sia la consistenza del sostegno ai “programmi intergovernativi”.
UniCredit ha infatti deciso di offrire propri servizi finanziari alla maggiore singola operazione di esportazioni di armamenti del 2012: si tratta del contratto della Alenia Aermacchi per la fornitura a Israele di 30 velivoli da addestramento M-346. “L’operazione, parte dell’accordo di collaborazione tra il Governo Italiano e quello Israeliano firmato a luglio 2012, prevede il supporto di Sace Spa e Cassa Depositi e Prestiti Spa, società controllate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze” – spiega una nota apparsa sul sito del gruppo UniCredit proprio oggi dopo la pubblicazione di questo articolo di Unimondo.
l43-euro-crisi-banche-120411131706_bigDi fatto, l’accordo per circa un miliardo di dollari relativo agli aerei addestratori M-346 per i piloti dei caccia d’attacco F-35 (che Israele ha intenzione di acquisire dalla Lockheed Martin) in cambio dell’acquisto da parte dell’Italia di un pacchetto da un miliardo di euro di velivoli senza pilota e altro materiale bellico, rappresenta un mutamento considerevole nella politica estera del nostro paese: negli ultimi 20 anni le esportazioni di armi dall’Italia verso Israele infatti erano state quanto mai contenute.
Va anche ricordato che il velivolo M-346 non è solo un aereo per l’addestramento dei piloti: come spiega la brochure ufficiale di Alenia Aermacchi “dall’inizio del programma, l’M-346 è stato concepito con l’aggiunta di capacità operative, con l’obiettivo di fornire un aereo da combattimento multiruolo molto capace, particolarmente adatto per l’attacco a terra e di superficie compreso il CAS (Close Air Support), COIN (COunter INsurgency) o anti-nave, nonché le missioni di polizia aerea”. L’accordo congiunto Italia-Israele, data la rilevanza finanziaria dell’operazione e le implicazioni sulla politica estera del nostro paese, ha sollevato le proteste delle associazioni varesine e nazionali che da tempo hanno promosso la mobilitazione “Nessun M-346 a Israele”.
UniCredit figura inoltre al primo posto nella lista delle banche che hanno aperto linee di credito per sostenere i “programmi intergovernativi” (qui la Tabella in .pdf), quei programmi, cioè, che prevedono l’impegno congiunto del ministero della Difesa italiano con quelli di altri paesi per la produzione di armamenti: UniCredit ha assunto operazioni in questo settore per più di 738 milioni di euro (nel 2011 la cifra era superiore agli 870 milioni) che riguardano soprattutto due caccia multiruolo; gli Eurofighter Typhoon – EFA (694 milioni di euro) e i Tornado (oltre 26 milioni di euro). Seguono Deutsche Bank (poco meno di 316 milioni) e Intesa Sanpaolo (126 milioni), che però, come si è detto, è uscita del tutto dalle operazioni di esportazione a seguito dell’adozione nel 2007 della nuova direttiva.
Così i governi Berlusconi e Monti hanno favorito i gruppi esteri
Dalla Relazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze predisposta dal Dipartimento del Tesoro (Direzione V) manca anche quest’anno il voluminoso “Riepilogo in dettaglio suddiviso per Istituti di Credito” che è stato presente nelle Relazioni governative dai tempi dei governi Andreotti fino all’insediamento dell’ultimo governo Berlusconi nel maggio del 2008. Come Unimondo ha prontamente documentato (ricostruendo i vari passaggi della vicenda), a partire dalla relazione inviata al Parlamento dal governo Berlusconi il 6 maggio 2008, il “Riepilogo in dettaglio suddiviso per Istituti di Credito” è stato sostituito dal “Riepilogo in dettaglio suddiviso per Aziende” che non riporta però l’elenco delle singole operazioni autorizzate agli Istituti di Credito per le esportazioni di armamenti italiani. La sostituzione, mai giustificata al Parlamento, ha sottratto informazioni di primaria importanza alla Campagna di pressione alle “banche armate”: proprio in quel periodo, infatti, la Campagna cominciava a raccogliere i frutti della propria azione di pressione sugli Istituti di credito a cui aveva chiesto di regolamentare e rendere più trasparenti i finanziamenti e i servizi offerti all’industria militare e al commercio di armi.
Diversi e importanti gruppi bancari italiani hanno infatti risposto positivamente alle richieste della Campagna “banche armate” emanando direttive rigorose e restrittive in materia o sospendendo del tutto i servizi e i finanziamenti al settore dell’export di sistemi militari (si veda la lista sottoriportata). Il venir meno di quel voluminoso “Elenco di dettaglio” (che indicava i paesi contraenti e i valori per compensi di intermediazione bancaria per ogni singola operazione autorizzata) ha lasciato agli attivisti della Campagna solo la tabella con i valori generali delle operazioni svolte dalle banche (quella qui scaricabile in pdf). Un dato troppo generico per poter mettere in atto precise pressioni sulle banche. Questa sottrazione di informazioni dalla Relazione governativa sta continuando a favorire i gruppi bancari esteri che operano in Italia e soprattutto quelli che non hanno emanato direttive e non offrono alcuna rendicontazione sulle operazioni finanziarie nel settore degli armamenti e sulle esportazioni di sistemi militari.
Un regalo che i governi Berlusconi e Monti hanno continuato a fare alle banche estere. E che il governo in carica ci auguriamo smetta di elargire ripristinando tutte le informazioni che gli due ultimi governi hanno fatto mancare.
Giorgio Beretta
giorgio.beretta@unimondo.org
LE PRINCIPALI BANCHE ITALIANE E L’EXPORT DI ARMI
Monte dei Paschi di Siena (MPS): con tempestività già dall’agosto del 2000, la Direzione Centrale ha emanato a tutte le banche del Gruppo “precise istruzioni tendenti a evitare operazioni riconducibili alla produzione ed al commercio di armi ai sensi della Legge 185/1990”. (Bilancio Sociale 2001, p. 21) Tale decisione veniva successivamente riconfermata nel “Codice Etico” (in .pdf) del Gruppo. La direttiva è stata estesa nel 2009 anche all’acquisita Banca Antonveneta come riportano i Bilanci Sociali del gruppo.
IntesaSanpaolo: dapprima come Intesa (si veda il Bilancio Sociale 2005 p. 64) poi come intero gruppo (si veda la Policy settore Armamenti qui in .pdf) ha stabilito già dal luglio 2007 – cioè a pochi mesi dalla nascita del nuovo gruppo – “la sospensione della partecipazione a operazioni finanziarie che riguardano il commercio e la produzione di armi e di sistemi d’arma, pur consentite dalla legge 185/90”.
UniCredit Group: prima come Gruppo Unicredito Italiano e poi come UniCredit Group ha definito e successivamente modificato la proprie direttive riguardo al settore dell’industria militare e al commercio di armamenti.
UBI Banca: già all’indomani della nascita del gruppo, nel 2007, ha predisposto delle “Linee Guida” e nel giugno 2009 ha pubblicato una dettagliata policy (qui in .pdf) riguardo al settore armamenti: qualche iniziale commento lo si può reperire in questo articolo ed in altri successivi. La banca inoltre fornisce annualmente un dettagliato resoconto sulle operazioni svolte nella sezione del sito dedicata alla “Policy armamenrti” e nei suoi Bilanci Sociali.
Banco Popolare: il “Bilancio Sociale 2007” – cioè il primo del gruppo – riporta che “Tutte le nuove operazioni proposte al Gruppo da e per l’estero, che coinvolgano merci soggette alla dichiarazione di cui alla Legge 185/90, vengono declinate totalmente, ciò al fine di ridurre drasticamente la quota di partecipazione del Gruppo a tali tipologie di operazioni. Vengono gestite solo le vecchie operazioni in essere, retaggio delle realtà bancarie confluite in Banco Popolare”.
Banca Popolare di Milano (BPM): a seguito di diversi incontri tra rappresentati di Banca Etica e di BPM, alcuni dei quali con la partecipazione di rappresentanti di associazioni e ong clienti di BPM, il 6 febbraio 2007, il presidente della Banca Popolare di Milano, Roberto Mazzotta, in una lettera indirizzata al presidente della Banca Etica, Fabio Salviato confermava la precisa intenzione “di proseguire nell’uscita dalle attività riguardanti l’appoggio alle aziende del settore degli armamenti”.
Credito Valtellinese: nel dicembre del 2008 la banca ha emesso un comunicato stampa nel quale, in coerenza con i valori enunciati nel proprio Codice Comportamentale, “ha adottato una policy contraria allo svolgimento di operazioni connesse alla produzione ed al commercio di armi e sistemi d’arma ad uso militare”. Lo si può trovare sul sito della banca.
Banca Popolare dell’EmIlia Romagna (BPER): Il 26 giugno 2012, il Consiglio di Amministrazione ha approvato la versione aggiornata delle “Linee guida” che prevedono che ogni anno verrà predisposto e reso pubblico un Report nel quale verrà analiticamente rendicontato il rapporto che il Gruppo BPER ha avuto con le Aziende del settore della difesa. Si veda questa sezione del sito della banca.