Indignati 2.0: quando la protesta si crea da sé

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Indignati 2.0: quando la protesta si crea da sé

Da Madrid a Tel Aviv si moltiplicano le “acampada” sul modello spagnolo. Oggi a Roma iniziano due giorni di discussione su lavoro, educazione, economia, assieme al Popolo Viola.
Bisognerà aspettare il 15 ottobre per capire se il movimento degli Indignati è riuscito a radicarsi quanto meno in Europa. O se è rimasto un fenomeno tipicamente spagnolo. Da Puerta del Sol, dove i manifestanti alla vigilia del voto delle amministrative fecero tremare Zapatero, la protesta si è diffusa ovunque: da Buenos Aires a Bruxelles, da Edimburgo a Bogotà, da Città del Messico a Parigi. Pura imitazione o vero movimento di massa? La prova del nove sarà la grande adunata di protesta, lanciata sul web, per la metà del prossimo mese a Bruxelles, simbolo della finanza europea.
L’obiettivo è manifestare contro la  collusione fra politici e banchieri, la corruzione, e per chiedere una società migliore, basata sulla democrazia partecipata. Per lo stesso giorno Oltreoceano un gruppo di Indignati sta organizzando un assalto a Wall Street. Le ambizioni sono tante, le idee molte e, come in ogni gruppo spontaneo che si rispetti, c’è molta confusione. A cominciare da internet. Il sito più frequentato dagli Indignati italiani è italianrevolution.org con la relativa pagina facebook che conta 30mila estimatori. Ma accanto a questo si moltiplicano i siti dei gruppi locali e le pagine sui social network. Si stanno organizzando delle grandi marce di protesta, da far confluire il 15 ottobre nella città simbolo dell’Ue, ma anche qui regna il caos. Sulla scia delle proteste spagnole, un gruppetto di francesi ha iniziato la sua camminata da Tolosa il 24 luglio. Secondo il loro diario-blog, ieri erano in quindici a Blois nella Loira e puntano ad arrivare il 17 settembre a Parigi per poi raggiungere il raduno belga.
In Italia la grande marcia partirà dalla Sicilia il 17 settembre  per riunirsi l’8 ottobre a Roma in vista del raduno europeo. Sono consentite buone scarpe, biciclette e motorini. Auto solo per gli approvvigionamenti e il pronto soccorso. L’obiettivo è circondare la Capitale italiana una settimana prima del 15 ottobre, in modo da organizzare una delegazione nostrana per Bruxelles. Queste sono le indicazioni di massima, ma ogni aggregazione farà di testa propria. Sul gruppo facebook che organizza le marce c’è un numero senza un nome, a cui risponde un certo Antonio, che si trova a Londra proprio per parlare di democrazia partecipata. Lui, come gli altri, si trincera dietro l’anonimato. Ma non dà indicazioni chiare.
Sembra che la realtà abbia preso l’aspetto del Web 2.0: sono gli utenti a crearla. Così come il manifesto, quello degli Indignati italiani non è ancora pronto, comparirà sul sito non appena verrà approvato da tutte le piazze. I media finora hanno snobbato questo movimento, considerato uno scimmiottamento di quello madrileno, ma se davvero le strade si riempiranno e le persone da tutta Italia si mobiliteranno, allora ecco che i riflettori saranno tutti per loro.
è certo che dopo la grande adunata del 15 maggio a Madrid, la voglia di riprodurre il movimento 15M è stata molto forte. Nella Capitale e nelle altre grandi città italiane i primi gruppetti hanno iniziato a formarsi spontaneamente già da maggio scorso. Tra gli Indignati romani della prima ora c’è sicuramente Roberto, fotografo disoccupato di 36 anni, che come gli altri non dice il cognome, perché questo è un movimento che non vuole né bandiere né personalismi. Si è ritrovato in piazza a Madrid e poi con un gruppo di amici a Roma, fino ad incontrarsi ogni mercoledì e domenica alle 19 a piazza San Giovanni. Anche lui sarà oggi in piazza della Repubblica alle 14 per la “camminata di avvicinamento verso l’assemblea popolare” che arriverà alle 17 davanti alla Basilica, dove pianteranno le tende per due giorni. Seguiranno fino a domenica gruppi di discussione su lavoro, qualità della vita, educazione, salute ed economia.
Con un budget ridottissimo – appena 4mila euro, frutto di una colletta – e una chiara ispirazione al modello spagnolo M15, nutrono l’ambizione di «arrivare alla maggioranza silenziosa, cioè a quella parte della società che non è mai scesa in piazza e non ha mai fatto politica». A testimoniare il trait d’union con la Spagna, quattro Indignados originali saranno in piazza San Giovanni per parlare della loro esperienza.
Lontani dai partiti, non appartengono a nessun’altra formazione esistente: non sono Popolo Viola, che pur ha dichiarato la propria adesione, non sono gli Indignati di Piazza Navona che hanno protestato al fianco dei Cobas e dell’Usb contro la manovra. «La stampa, anche in buona fede, sta facendo molta confusione», avverte Eracle che, passati i quaranta, si mantiene tra traduzioni e lezioni private. La voglia di manifestare c’è, ma «i contenuti ce li metterà la gente», spiega respingendo al mittente «il vizio di forma». Partono senza una piattaforma predefinita e rifiutano «qualsiasi scaletta che sia collegabile ad appartenenze politiche».
Riprendendo il motto madrileno “non siamo merce di politici e banchieri”, si astengono da alcol, droga, bandiere. Loto, insegnante precario che da maggio è impegnato nella commissione lavoro del movimento, ritiene che il gruppo sia nato «dall’esigenza di solidarizzare tra vertenze differenti, tra situazioni di precarietà nella crisi». Così i lavoratori dell’Isola dei Cassintegrati, dagli operai della Vinyls ai lavoratori dell’Eutelia passando per le impiegate della Tacconi di Latina e dell’Omsa faentina, racconteranno oggi da Piazza San Giovanni la loro storia, le proteste e le occupazioni. Dove «i sindacati hanno fallito», gli Indignati romani mettono una toppa. «Per noi è importante avere un contatto diretto, mettere in comune le esperienze», argomenta Loto raccontando delle assemblee nei centri commerciali della Capitale, nei call center, nei grandi stabilimenti.
Gli Indignati romani ammettono: «Seguiamo un metodo atipico, ma andiamo piano perché andiamo lontani». L’idea è di perseguire «un’inclusività intergenerazionale» senza barriere. Che si abbia vent’anni o cinquanta, l’intenzione è ben fissata in calce ai volantini: “Fare piazza pulita”. Loro stessi non si aspettano una grande partecipazione alla “acampada” di oggi, tanto che non hanno chiesto la presenza dei bagni pubblici a San Giovanni, ma solo di un pronto soccorso. D’altronde il nocciolo duro del gruppo è di una cinquantina di persone. Che non a caso hanno accettato il supporto dei Viola, che pur partendo da ambizioni simili seppure su scala nazionale, hanno finito poi per avere un portavoce e persino un ufficio stampa.
Eloisa Covelli e Dina Galano