Dagli Appennini alle Alpi, un alleato No-Tav che non t’aspetti: Francesco Guccini, caposcuola bolognese dei cantautori italiani, a briglia sciolta con “Wu Ming 2” per una chiacchierata letteraria a margine del festival di Verbania, finita su “Repubblica” il 19 giugno. Argomenti in scaletta: montagna, memoria, Resistenza e, incredibile ma vero, la Torino-Lione. I valsusini? Bravi: stanno facendo quello che va fatto, gli “scudi umani”, contro la devastazione del territorio. Quelli sì che sono montanari come si deve: tenaci, ostinati, decisi a impedire alla città di fare sempre quello che vuole, e senza uno straccio di giustificazione, a spese di chi ancora tenta di abitare la montagna.
Vista da sotto, scrive “Wu Ming 2”, la montagna pare sempre un rifugio da eremiti, un nido d’aquila per misantropi e solitari, mentre nei sei romanzi che Guccini ha scritto con Loriano Macchiavelli, l’Appennino è sempre un luogo di incontri, una società complessa e nera quanto quella di pianura. «A Bologna», racconta Guccini, «quando discuto con gli amici, va sempre a finire che mi dicono “T’î pròpi un muntanèr!”, dove per montanaro si intende conservatore, testardo. Ma io ormai non mi offendo più». Trasferitosi a Pàvana sull’Appennino pistoiese a cavallo di Emilia e Toscana, da ormai una decina d’anni il “Maestrone” abita l’antico mulino di famiglia, tra libri e canzoni. Osservatorio perfetto per rileggere le memorie popolari della montagna e anche l’attualità dell’Italia di oggi, specie dove la montagna combatte contro l’assedio del cemento.
Il fatto è che l’Appennino genera meno rispetto, convengono Guccini e “Wu Ming 2”, mentre le Alpi, con le loro cime aguzze, incutono timore. Lo testimonia la differenza tra gli animali totemici delle due catene montuose: quello dell’Appennino è il cinghiale, «una specie di porco con le zanne che grufola nel fango», mentre le Alpi hanno la nobilissima aquila, il leggiadro camoscio. «Le Alpi toccano il cielo, sono iperuranie e spirituali. L’Appennino è più basso, terragno, spurio. Sarà anche per questo che sulle Alpi, in val di Susa, il treno ad alta velocità non riesce ancora a sfondare le proteste e gli scudi umani, mentre sull’Appennino Tosco-Emiliano lo scavo delle gallerie è andato avanti senza grandi opposizioni, finché non ci si è trovati di fronte a danni irreparabili», come il cataclisma idrogeologico che ha devastato il Mugello, rimasto all’asciutto per i cantieri della Bologna-Firenze.
Se la valle di Susa lotta strenuamente da vent’anni contro l’eco-mostro chiamato Torino-Lione, forse è anche perché la storia della valle è legata a doppio filo con la Resistenza, che in quei boschi trovò l’arma in più per combattere il nemico. «Del resto, solo una retorica da quattro soldi dipinge i valsusini come montanari ottusi, egoisti, che vogliono essere “padroni a casa loro”». In realtà, concordano Guccini e “Wu Ming 2”, «la forza del movimento No Tav sta nella competenza diffusa e nell’aver saputo coinvolgere anche la gente di pianura». Nulla di simile è accaduto tra Bologna e Firenze, perché le due città voltano le spalle all’Appennino. Per i No-Tav che resistono abbarbicati al “presidio” di Chiomonte minacciato di sgombero, la sortita di Guccini è un regalo inatteso: e chissà che, dopo canzoni-manifesto come “L’avvelenata” e “La locomotiva”, il “Maestrone” di Pavana non s’inventi una ballata sui montanari eretici della valle di Susa (info: francescoguccini.net).
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5 Ottobre 2024