La nuova giunta rosso-verde aderisce alla campagna di disinvestimento, e sposta su altre attività finanziarie le risorse investite nell’economia fossile
La Norvegia, il Paese che basa la sua ricchezza su petrolio e gas, prosegue senza sosta sulla strada ecologista. Complice anche il crollo del greggio, lo Stato scandinavo sta cambiando modello energetico, con forme più “green”. Ne è la riprova il fatto che l’amministrazione di Oslo abbia deciso di disinvestire dal suo fondo pensione, dotato di circa 10 miliardi di euro di risorse, da tutte le società attive nel settore dei combustibili fossili, cioè carbone, petrolio e gas. Obiettivi principali: fissare un profilo d’investimento più etico e sostenibile nonché ridurre l’inquinamento e contrastare i cambiamenti climatici.
L’annuncio arriva dalla nuova giunta rosso-verde, vincitrice delle elezioni municipali (Laburisti, Sinistra socialista e Verdi), sull’onda di una campagna mondiale sul cambiamento climatico (“divestment”) che ha già convinto 180 istituzioni (tra cui enti locali, università e chiese) ad abbandonare i finanziamenti ai combustibili fossili. “Siamo molto felici di annunciare che Oslo si assumerà la responsabilità per il clima, sia attraverso le nostre politiche che gli investimenti”, ha detto Lan Marie Nguyen, rappresentante dei Verdi. Che aggiunge: questa decisione “invia un messaggio forte al mondo prima della Conferenza sui cambiamenti climatici a Parigi, ossia che abbiamo bisogno di un accordo forte per evitare il pericoloso riscaldamento globale “.
Soddisfatto il mondo ambientalista. “Siamo estremamente felici di vedere che, poche settimane prima del vertice di Parigi, il nuovo consiglio comunale di Oslo fa una mossa coraggiosa, e diventa la prima capitale al mondo a decidere di cedere da tutti i combustibili fossili”, commenta Arild Hermstad, capo dell’organizzazione ambientalista norvegese “Future in Our Hands” (“Futuro nelle nostre mani”).
Sulla stessa linea Nicolò Wojewoda di 350.org Europa Team: “Grazie a questa vittoria e alle forti battaglie a Londra, Berlino, Amsterdam, Stoccolma e molte altre città, il movimento sul disinvestimento si sta muovendo. Ci auguriamo che i governi nazionali nelle capitali di tutto il mondo inizino a rompere il proprio legame con l’industria dei combustibili fossili”.
La decisione della nuova giunta rientra in un piano più ampio per dimezzare le emissioni di CO2 rispetto ai livelli del 1990 in cinque anni e di ridurle del 95 per cento entro il 2030. Tra le altre misure per raggiungere l’ambizioso traguardo, il divieto di circolazione, entro il 2019, di auto e moto nel centro storico della città. La capitale prevede al contempo la realizzazione di almeno 60 chilometri di piste ciclabili, incentivi all’acquisto di biciclette elettriche e un solido investimento nel trasporto pubblico. “Nel 2030 – ha detto Lan Marie Nguyen, – ci saranno ancora persone alla guida di auto, ma queste dovranno essere senza emissioni”.
Inoltre, già a marzo la capitale norvegese ha annunciato il disinvestimento di 7 milioni di euro dai fondi pensione che finanziano anche le compagnie del carbone. “Ci stiamo tirando fuori dalle società del carbone, perché la produzione di energia basata su questo combustibile è una delle più dannose e meno rispettose dell’ambiente in tutto il settore energetico”, ha detto allora il Commissario alle finanze di Olso, Eirik Lae Solberg.
Anche a livello nazionale, il fondo petrolifero della Norvegia, il più grande al mondo con 870 miliardi di fondi investiti grazie ai giacimenti del Mare del Nord, nel mese di febbraio, ha annunciato di aver abbandonato 32 compagnie fossili e sta valutando un disinvestimento più ampio.
Tuttavia, la svolta ecologista norvegese non ha solo motivazioni ambientaliste ma anche finanziarie. La Norvegia si è sempre annoverata tra gli Stati più i ricchi di Europa grazie ai ricchi giacimenti di idrocarburi del mare del Nord, che hanno garantito un Pil pro capite pari a 98mila dollari all’anno e hanno alimentato il suo fondo petrolifero. In questo modo è potuta restare fuori dall’Unione Europea e si è salvata dalla crisi finanziaria globale.
Con il crollo del prezzo del petrolio, però, il Paese è costretto a guardare altrove e cambiare rotta. La discesa del barile ha spinto infatti al rialzo il tasso di disoccupazione norvegese al 4,3% lo scorso maggio, il livello più alto degli ultimi 11 anni. Per lo stesso motivo, il Fondo sovrano norvegese ha annunciato ad agosto il suo primo trimestre in rosso. Inoltre, tutte le nuove esplorazioni in programma nelle zone oltre il circolo polare potrebbero non essere più sostenibili. “L’economia norvegese sta già sperimentando i lati negativi di essere dipendente dai combustibili fossili, con tassi di disoccupazione in aumento a seguito del calo del prezzo del petrolio e con i costi di investimento in forte aumento”, ha commentato Lan Marie Nguyen
Elena Veronelli – La stampa
5 Ottobre 2024