"Il pioniere della Strategia rifiuti Zero” Intervista a Alessio Ciacci della rivista Vivere Sostenibile

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"Il pioniere della Strategia rifiuti Zero” Intervista a Alessio Ciacci della rivista Vivere Sostenibile

Il pioniere della “Strategia rifiuti Zero”
Intervista a Alessio Ciacci
A cura di Giovanni Santandrea, Transition Italia
Un po’ di notizie per presentare Alessio Ciacci
Nel campo dell’impegno civile e politico ha bruciato tutte le tappe. Nel 2007, a soli 27 anni, è stato nominato Assessore all’Ambiente del Comune di Capannori, Comune della provincia di Lucca con circa 46mila abitanti. Nei 6 anni del suo assessorato Capannori diventa il punto di riferimento nazionale per l’adozione della “Strategia Rifiuti zero”. Poi è nominato Personaggio Ambiente italiano dell’anno 2013.
Dal 2015 è Presidente di Acsel Spa, l’azienda pubblica di igiene urbana dei 39 comuni della Val di Susa e Presidente e Amministratore delegato di ASM Rieti spa, l’azienda mista multiservizi del Comune di Rieti. Da Dicembre 2016 è membro del Consiglio direttivo nazionale di ASSTRA, Associazione delle società ed enti del trasporto pubblico locale di proprietà degli enti locali, delle regioni e di imprese private. Lo scorso anno a Vienna è stato l’unico italiano ad essere premiato al concorso europeo Innovation in Politics Awards per il progetto realizzato a Capannori sulla tariffa puntuale che ha spinto le famiglie e le aziende del territorio ad avviare a riciclo quasi il 90% dei rifiuti prodotti. Dal 2015 è consulente dell’Unione Europea su progetti di sostenibilità ambientale legata al riuso e riciclo dei rifiuti urbani.
(D) Ciao Alessio, per iniziare al meglio questa intervista credo che, per chi non ti conosce, è bene partire dalle origini. La tua storia ci dice che è ancora possibile fare una ‘buona politica’ al servizio delle persone e dell’ambiente. Come è nata la tua passione per il bene comune che ti ha portato all’impegno pubblico e politico?
Il mio impegno “politico” nasce al liceo, li ho iniziato a dedicare energie, assieme a tanti amici, per cercare di migliorare il nostro ambiente scolastico. Una mattina incontrammo un missionario laico di una favelas brasiliana che in quei giorni era in Italia a portarci la sua testimonianza. Mi colpì a tal punto che decisi di partire, dedicando parte delle mie vacanze estive a quel progetto. Fu un’esperienza meravigliosa. Al rientro non fu semplice capire come rielaborare un vissuto così forte e calarlo nella mia vita. Così con altri studenti organizzammo un collettivo che si occupava di tematiche internazionali, di multinazionali, di squilibri nord/sud ed organizzammo attività divulgative e di raccolta fondi grazie anche all’associazione ManiTese. Con quegli amici abbiamo viaggiato in Sud America per seguire i progetti e al rientro ci siamo impegnati sempre più contro le cause della povertà a cui spesso contribuiamo anche noi con le nostre scelte. Poi ci siamo impegnati sui temi locali di tutela ambientale e contro la privatizzazione dei beni comuni. In quegli anni fui chiamato a svolgere il ruolo di Assessore all’Ambiente nel Comune di Capannori, in sostituzione di un assessore che era stato appena nominato assessore in Regione Toscana. Ho iniziato così a costruire, assieme ad una bella squadra, il percorso che ha reso Capannori conosciuta a livello nazionale ed internazionale per le sue iniziative di sostenibilità.
(D) All’inizio della tua ‘folgorante carriera’, quando hai ricevuto la delega all’ambiente del Comune di Capannori hai iniziato il percorso “Strategia Rifiuti Zero” con il supporto scientifico di Paul Connett, ideatore e coordinatore del progetto Internazionale ‘Rifiuti Zero’. Quanto è stato importante il suo ruolo? Puoi raccontarci di come è nata la collaborazione con Connett?
Capannori, seppur avendo iniziato in precedenza percorsi sulla raccolta differenziata, decise di aderire formalmente a Rifiuti Zero in seguito alla proposta fatta da Rossano Ercolini, assieme a Paul Connet nel 2007. Da molti anni collaboravano organizzando conferenze e dibattiti, sul superamento dello smaltimento dei rifiuti, sull’esempio di altre città a livello internazionale, tra cui il famoso caso di San Francisco. Abbiamo così stilato un cronoprogramma che potesse portare il Comune a Rifiuti Zero entro il 2020, attraverso la strategia dei 10 passi che unisce politiche di riciclo a iniziative di riutilizzo e riduzione degli scarti. Siamo stati il primo comune in Toscana ad avviare la raccolta domiciliare, l’unico strumento che può garantire qualità e quantità adeguate di materia a riciclo, con un grande effetto contagio che ha portato Lucca ad essere la prima provincia in Toscana per raccolta differenziata. Negli anni successivi, abbiamo inserito la tariffazione puntuale ed è stato un importante strumento per continuare a ridurre gli scarti ed aumentarne il livello di riciclo, dando un riscontro immediato anche sulle tariffe a cittadini ed imprese.
(D) Sempre da giovane assessore sei entrato nel consiglio direttivo dell’Associazione Comuni Virtuosi. Puoi parlarci di questa avventura? Quanto ti è stata di supporto l’associazione nei momenti difficili e di scelta? Per la tua esperienza, per poter essere un vero agente di cambiamento quanto è importante condividere visioni e strumenti con una “rete di persone amiche”?
L’Associazione dei Comuni Virtuosi è uno strumento molto importante, una bellissima realtà, fatta da tanti amministratori che vivono il loro impegno come una missione, un servizio alla comunità. L’Associazione è stata per me uno strumento fondamentale per cercare sempre di migliorarci, scambiarsi esperienze, puntare a costruire vera sostenibilità sociale ed ambientale, unire ecologia e partecipazione, costruire quella politica del bene comune e di valorizzazione dei beni comuni. E’ stata ed è uno strumento importante anche per la divulgazione dei risultati raggiunti nonché per la formazione di tanti amministratori che volevano e vogliono replicare buone pratiche amministrative.
(D) A 19 sei andato in Brasile a renderti conto della situazione delle persone che vivono nelle favelas, pochi anni dopo hai partecipato a progetti di cooperazione internazionale in Messico e Guatemala. Inoltre sei anche stato nel direttivo nazionale di ‘Mani tese’. Quanto hanno influito su di te, e sul tuo successivo impegno pubblico, queste prime esperienze giovanili?
Sono state davvero fondamentali, mi hanno fatto capire il valore dell’umanità, l’importanza del ruolo che ognuno può avere nella società. Ho capito la necessità di portare ognuno il proprio contributo, in ogni contesto, per coltivare speranza, giustizia, equità. Ho compreso che il mondo non è quello che i media ci rappresentano, cercando di modellarci come consumatori acritici, ma possiamo cambiarlo a partire dalle scelte quotidiane. A volte basta così poco per andare verso l’altro ed uscire dall’individualismo in cui questa società vorrebbe rinchiuderci. ManiTese è stata una grande scuola e fin da allora ho compreso l’importanza del valore dei materiali, che in molti ci regalavano e con la vendita dei quali finanziavamo attività di cooperazione. La cooperazione vissuta in questo modo è ben diversa sia dalla carità che da quella delle agenzie istituzionali…
(D) Dopo l’impegno pubblico in politica hai accettato ruoli direttivi in aziende private. Hai portato la tua professionalità ed impegno in varie città italiane: Messina, Rieti, Val di Susa.
Come è stato il tuo impatto con il mondo dell’impresa? E’ più difficile riuscire a non fare compromessi sui valori di base?
No, tutt’altro. Questo passaggio, dalla pubblica amministrazione alle aziende, è stato davvero interessante, stimolante e fonte di continuo arricchimento.
Nelle aziende ho voluto adottare fin da subito una linea di rigore morale, attenzione alla spesa e politiche di coinvolgimento dei dipendenti. Ho preso a modello esperienze di grandi aziende che con successo hanno coinvolto i dipendenti nella propositività, rendendo ognuno protagonista del proprio lavoro. Questo richiede un maggior impegno rispetto a come spesso si intende il lavoro in aziende pubbliche, ma gratifica i dipendenti ben più di un aumento salariale, perché non solo su questo si basa la dignità del lavoro. Di fronte a gravi comportamenti di alcuni dipendenti ho dovuto effettuare anche dei licenziamenti ma credo sia stato necessario, in quelle situazioni, per affermare il valore del servizio pubblico, difenderne l’efficienza ed il necessario rispetto per la “cosa pubblica”. Il servizio pubblico, se ben condotto, non ha niente da invidiare alla gestione privata ed anzi può avere una marcia in più se cittadini ed lavoratori ne comprendono l’importanza e concorrono alla costruzione di una comunità migliore. Oggi, grazie ad un bel lavoro di squadra, Rieti è il primo capoluogo del Lazio in tema di raccolte differenziate. In due anni l’azienda è passata da 40 a meno di 10 milioni di debiti ed oggi è tornata a meritare la fiducia sia dagli istituti di credito che dalla cittadinanza per la qualità dei servizi ambientali, di mobilità e di salute.
(D) In altre interviste hai dichiarato: “A Capannori abbiamo voluto costruire una politica ambientale i cui punti fondamentali fossero essenzialmente due: sostenibilità e partecipazione.” Quanto è stato determinante partire da processi partecipativi per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità sulla gestione del ‘porta a porta’? Come si riescono a costruire veri processi partecipativi dove realmente si ascoltano le voci dei cittadini?
La particolarità del percorso realizzato a Capannori è stata sicuramente la definizione di obiettivi molto ambiziosi sia in termini di sostenibilità, che di coinvolgimento della cittadinanza. I due percorsi hanno camminato assieme e si sono continuamente intrecciati. Gli incontri con la cittadinanza sono stati centinaia, ma altrettanto importante è stato il contributo dei lavoratori, la loro partecipazione alla grande trasformazione che ha subito l’azienda, il rivoluzionamento dei servizi, l’attenzione alla qualità. Obiettivi come questi non si raggiungono dall’oggi al domani con una delibera o una decisione autoritaria, ma raggiungono il loro obiettivo quando diventano obiettivi collettivi, in cui tutta la comunità si sente partecipe e coinvolta. Solo così, ritengo, possiamo cercare di costruire una comunità migliore, un futuro più accogliente per le nuove generazioni.
(D) ‘Il miglior rifiuto è quello non prodotto’. Questo dipende dalle abitudini e dagli stili di vita delle persone, ma anche dalle scelte tecniche delle aziende che producono i beni di largo consumo. La regola delle 3R dei rifiuti ci ricorda: riduci, riutilizza e ricicla.
Puoi indicare ai lettori di Vivere Sostenibile quali sono le più interessanti iniziative dal basso dove i cittadini possono dare un contributi attivo nel campo della riduzione e riutilizzo dei rifiuti?
Sono infine le buone pratiche che si possono adottare per la costruzione di percorsi di sostenibilità che riducano gli scarti, diminuiscano la produzione degli imballaggi, riducano le filiere, sia della produzione che del riuso. Per prima cosa, laddove possibile, si può promuovere il compostaggio domestico e collettivo della frazione organica, questo ci permette di produrre un ottimo compost e ridurre i trasporti del materiale. In secondo luogo cercare di favorire nei consumi, i mercati contadini, i produttori locali, le attività con vendita alla spina. Poi si stanno sempre più diffondendo centri di riparazione e riuso che permettono di dare nuova vita a tanti materiali unendo vantaggi sociali ed ambientali. Anni fa visitai il più grande centro del riuso europeo, quello di Goteborg. Quell’esperienza dà lavoro a 30 persone, produce centinaia di migliaia di euro di utili al Comune e garantisce prodotti in ottimo stato a prezzi molto bassi. Ma percorsi molto interessanti sono quelli realizzati ad esempio nelle scuole unendo gli aspetti formativi con la creazione di mense a scarto zero e di filiera corta. Sempre più centrale anche la tematica delle risorse idriche, il possibile contrasto alla vendita dell’acqua in bottiglia per la promozione delle acque sorgive o di rubinetto, più controllate e garantite di quelle in commercio, e a rifiuti zero. Altre interessanti esperienze incentivano la cittadinanza ad un corretto riciclo dei rifiuti elettrici ed elettronici tramite riduzioni tariffarie. A Messina riuscimmo invece a rendere molto felici gli allevatori attraverso un protocollo di intesa che garantiva loro ad un ottimo prezzo per l’approvvigionamento alimentare degli animali grazie alla trasformazione in cibo degli scarti dei mercati ortofrutticoli. Le esperienze da citare sarebbero infinite e sempre più ne stanno nascendo in ogni realtà.
(D) La frazione umida dei rifiuti in termini di peso rappresenta sicuramente la quota principale della produzione domestica. Che ruolo pensi posso aver il compostaggio di comunità? Può essere uno strumento adattabile anche alle città? Come si può incentivare questa pratica?
Il compostaggio di comunità è uno strumento da molti anni utilizzato in molte realtà e da alcuni mesi previsto esplicitamente anche dalla normativa ambientale italiana. A Messina, ad esempio, per andare incontro alle famiglie che non avevano spazi verdi, avevamo allestito delle compostiere collettive, gestite da una associazione locale, in degli spazi pubblici concessi dall’amministrazione comunale. A Capannori avevamo invece installato una compostiera collettiva a servizio della mensa comunale dove gli scarti di cibo potessero essere trasformati direttamente in compost invece di essere raccolti e trasportati poi negli impianti. Difficilmente, a mio giudizio, sono strumenti che possono sostituirsi ad una gestione industriale, specialmente nelle città, ma progetti come questi si adattano benissimo a frazioni o comuni più isolati, ma anche a condomini e scuole unendo educazione, socialità e sostenibilità.
(D) Osservando il tuo percorso politico e professionale si percepisce che sei mosso da una grande passione coniugata ad una grandissima capacità di portare a realizzazione i tuoi sogni.
Come riesci ad armonizzare queste caratteristiche così diverse? Permettimi una domanda ingenua, puoi dirci quale è il segreto del tuo successo?
Non mi ritengo una persona di successo, ma semplicemente una persona che in ogni contesto nel quale opera cerca di dare sempre il meglio di se, cercando di valorizzare l’apporto degli altri e soprattutto lavorando molto in squadra.
(D) Come riesci a conciliare i tuoi mille impegni pubblici e professionali con la tua vita privata e la tua famiglia? Quando attraversi momenti professionali difficili ti viene mai la voglia di fare una vita più tranquilla? E se ti prende questo pensiero come fai a superarlo? Dove trovi le motivazioni per andare avanti?
Mio bisnonno lavorava in miniera. Mio nonno e mio padre in fabbrica. Mi ritengo privilegiato ad aver avuto l’opportunità, grazie a loro, di studiare e poter fare un lavoro che mi appassiona. Le motivazioni che sento sono principalmente due, la prima quella di lasciare ai miei figli un mondo migliore, la seconda di sentirmi la coscienza a posto sentendo di aver dato il massimo per la costruzione di servizi pubblici efficienti e sostenibili.
(D) In genere mi piace chiudere le interviste con la stessa domanda per tutti gli intervistati: alcuni anni fa fece molto scalpore una affermazione di Holmgren, uno dei leader mondiali del movimento di permacultura. Disse pubblicamente che riteneva impossibile una trasformazione pacifica della società. E che in queste condizioni, era quasi meglio augurarsi che il processo di collasso globale accelerasse. Tu che hai scritto un libro dal titolo “Calendario della fine del mondo”, hai ancora fiducia nel futuro dell’umanità? E se sì, puoi dirci le ragioni profonde che sostengono tale visione?
La fiducia, la speranza, l’ottimismo sono alla base del mio impegno quotidiano, nel cercare di lasciare alle future generazioni un mondo migliore. Le utopie sono alla base dell’evoluzione umana. Anche a Capannori, all’inizio, ci dicevano che Rifiuti Zero era solo un’utopia ma, dati alla mano, stiamo dimostrando che ci stiamo arrivando, con vantaggi ambientali, economici, sociali ed occupazionali. Certamente stiamo attraversando un passaggio storico epocale. Tutti gli indici della sostenibilità ambientale ci allarmano sull’urgenza di cambiamenti profondi nel nostro modello di sviluppo. La Conferenza di Parigi ha riconosciuto questa stessa urgenza anche se i rimedi sanciti dai capi di stato sono ancora troppo tiepidi e neppure seguiti adeguatamente.
Sta ad ognuno di noi dare il massimo affinché al collasso prevalga il buon senso…
Grazie Alessio del tempo che hai voluto dedicare ai lettori di Vivere Sostenibile ….
Grazie a voi, è sempre un piacere condividere valori e sfide verso un futuro sostenibile