G7 Ambiente, passi avanti sulla decarbonizzazione ma servono i Piani nazionali

G7 Ambiente, passi avanti sulla decarbonizzazione ma servono i Piani nazionali


G7 Ambiente in Piemonte, c’è lo stop al carbone entro il 2035 (ma poco sul gas). Successo o minimo sindacale? Gli Stati hanno 19 mesi per mantenere le promesse

Il G7 Ambiente, Clima e Energia di Venaria Reale (Torino) porta a casa lo stop graduale al carbone entro il 2035 o, si legge nel documento finale, in un calendario coerente con il mantenimento del limite di 1,5°C di riscaldamento globale. Una tempistica che, stando alla scienza, non si dovrebbe protrarre oltre. L’obiettivo non riguarda tanto l’Italia, su questo fronte più avanti, ma è necessario perché coinvolge il Giappone e, di conseguenza, potenze come Cina e India. Occorre, però, dar seguito alle promesse. Intanto, inserendole nei prossimi Ndc, Contributi determinati a livello nazionale (Ndc) “che dimostrino progressi e la massima ambizione possibile” e che i Paesi del G7 si impegnano a presentare tra i 9 e i 12 mesi prima della Cop 30 del Brasile, nel 2025. Si parla di decarbonizzazione, ma l’elefante nella stanza resta il gas. E si parla di nucleare, dato che il G7 si impegna “a promuovere il responsabile dispiegamento delle tecnologie” per l’energia dell’atomo. Viene riconosciuta la necessità di sbloccare finanziamenti per il clima nell’ordine di migliaia di miliardi e di andare oltre l’obiettivo dei 100 miliardi di dollari, riconoscendo le sfide che i Paesi vulnerabili stanno affrontando in relazione agli impatti climatici e agli oneri del debito. Per il commissario europeo al clima, Wopke Hoekstra, gli accordi raggiunti al G7 Ambiente, Energia e Clima rappresentano “un successo straordinario”. E aggiunge: “Il ministro Pichetto e il suo team hanno fatto un lavoro fantastico: un paio di cose veramente aprono la strada al futuro”. Nella giornata in cui sono proseguiti gli scontri tra manifestanti e polizia, ong e think tank riconoscono che il G7 ha adempiuto formalmente a quanto concordato a Dubai. Ma per stabilire se si tratti di un passo decisivo o del minimo indispensabile occorrerà aspettare i piani elaborati dai Paesi.

Tra gli altri punti della Carta di Venaria spiccano: favorire la forte crescita delle rinnovabili attraverso la moltiplicazione della capacità di stoccaggio dell’energia (sestuplicando la capacità degli accumuli di energia al 2030, portandola fino a 1.5 TW a livello globale); promuovere la collaborazione dei G7 nel settore dell’energia nucleare da fusione (incoraggiando l’aumento degli investimenti privati e pubblici); emanciparsi dalle rimanenti importazioni di gas russo; ridurre le emissioni di metano; aumentare la sicurezza e la sostenibilità delle materie prime critiche; eliminare le emissioni di gas serra diversi dalla CO2; creare un “Hub G7” per accelerare le azioni di adattamento; istituire una “Coalizione G7 sull’acqua”, che rappresenta la prima iniziativa dei G7 sul tema e che potrà essere il luogo di discussione e di confronto per facilitare una sintesi delle posizioni comuni da rappresentare nei consessi internazionali; sviluppare una Agenda volontaria su tessile e moda circolari, incaricando “l’Alleanza del G7 sull’efficienza delle risorse” di produrre entro quest’anno una’Agenda volontaria tra governi, imprese, e stakeholder; assicurare una transizione giusta verso l’energia pulita nei paesi in via di sviluppo, con particolare riferimento all’Africa.

L’impegno più significativo, con una prospettiva globale, è certamente quello verso una eliminazione graduale della produzione di energia elettrica da carbone nei sistemi energetici entro il 2035. “Potrebbe sembrare lontana, ma in realtà in termini di pianificazione è proprio dietro l’angolo” ha spiegato il commissario europeo al clima, Wopke Hoekstra. Si tratta di un target che interessa più che altro il Giappone e, di conseguenza, Cina e India. In Italia, la percentuale del carbone nel mix energetico è del 5 per cento, ha già un obiettivo al 2025. Il ministro italiano dell’Ambiente, Pichetto Fratin, ha ribadito in questi giorni che per l’Italia si può parlare “di un anno o anche meno”, mentre per la Sardegna il riferimento è il 2027. Lo stesso ministro ha firmato un atto di indirizzo che dà la riduzione al minimo delle produzioni utilizzando il carbone nelle due grandi centrali di Civitavecchia e Brindisi “e ho optato per la riduzione al minimo – ha spiegato – perché c’era il grande dubbio che potesse succedere qualcosa nel quadro geopolitico internazionale”. Stando ai dati di Terna, comunque, a marzo 2024 dal carbone sono stati generati 243 GWh di energia sugli oltre 25mila della richiesta nazionale.

Nel documento, i Paesi del G7 si impegnano a presentare nuovi Ndc tra i 9 e i 12 mesi prima della Cop 30. Come ricorda il think tank italiano Ecco Climate, la versione finale dell’Ndc italiano è attesa entro giugno 2024, con il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec). L’impegno è che questi contributi includano gli obiettivi del G7 per il 2030, dimostrando l’azzeramento netto delle emissioni al 2050 e anche obiettivi di riduzione di emissioni in volumi assoluti, per tutti i gas serra e i settori dell’economia, allineati all’obiettivo di contenere l’aumento delle temperature entro 1,5°C. I Paesi chiedono a tutte le altre principali economie di seguire l’esempio. Impresa, a dire il vero, piuttosto ardua. Va ricordato che, alla vigilia del vertice, sono stati impietosi i risultati delle analisi condotte da Climate Analytics, secondo cui i Paesi del G7 sono sulla strada per raggiungere appena la metà delle riduzioni delle emissioni di gas serra necessarie entro il 2030 per raggiungere l’obiettivo di 1,5°C previsto dall’Accordo di Parigi. Con Italia e Giappone, l’attuale e la precedente presidenza del Gruppo dei Sette, tra i primi 5 Paesi che sovvenzionano progetti di combustibili fossili nel G20. Sul metano, il G7 si impegna a uno sforzo collettivo “per ridurre del 75% le emissioni globali di metano da combustibili fossili, anche riducendo l’intensità delle emissioni di metano delle operazioni petrolifere e di gas entro il 2030”.

I ministri riuniti a Venaria hanno anche concordato di contribuire all’obiettivo globale di stoccaggio dell’energia di 1500 gigawatt nel 2030 (un aumento di oltre sei volte rispetto ai 230 GW del 2022) e di aumentare significativamente gli investimenti nelle reti di trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica – sempre entro il 2030 – riconoscendo che sono necessari 600 miliardi di dollari all’anno per raggiungere gli obiettivi climatici nazionali annunciati. Si conferma l’obiettivo di raggiungere “un settore energetico completamente o prevalentemente decarbonizzato entro il 2035” invitando tutte le principali economie a presentare nel 2025 Ndc coerenti con le emissioni nette zero nei sistemi energetici ben prima o entro il 2050. “I Paesi G7 riconoscono che la tecnologia regina per la decarbonizzazione dei trasporti è l’elettrico, lasciando uno spazio marginale ai biocarburanti, in linea anche con quanto stabilito dalla Corte dei conti europea” spiega Luca Bergamaschi, direttore e Co-fondatore di Ecco Climate, secondo cui per l’Italia la sfida ora è quella di pianificare, dopo l’uscita dal carbone, anche quella “dal gas nei prossimi 20 anni, partendo dal settore elettrico”. In realtà, infatti, sono passati più di sette anni da quando Regno Unito, Francia, Italia e Canada si sono impegnati a eliminare gradualmente l’energia da carbone. Il problema è che, mentre l’energia a carbone è già in calo, il gas non lo è. Come fa notare Dave Jones, direttore del programma Global Insights di Ember, le nazioni del G7 hanno promesso di decarbonizzare “completamente o prevalentemente” i loro settori energetici entro il 2035. “Questo, però, significa eliminare non solo il carbone, ma anche il gas” spiega.

I ministri del G7 “riaffermando l’importanza di accelerare la diffusione delle energie rinnovabili” si impegnano “pienamente nella realizzazione dell’obiettivo globale di triplicare la capacità installata di energia rinnovabile entro il 2030”. Significa arrivare ad almeno 11 Terawatt, ma anche “garantire un’azione decisiva per mitigare le sfide legate alle autorizzazioni, al finanziamento e all’accettazione sociale, per colmare il divario di 2mila gigawatt nel 2030. Per Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del Wwf Italia “se è vero che la triplicazione delle energie rinnovabili è stata riconosciuta come una componente chiave nella transizione energetica, la traiettoria dell’Italia è ancora confusa e intrisa di distrazioni come l’implementazione dell’energia nucleare, i biocarburanti e l’uso complessivo e abuso di energia sporca”. «È importante – commenta Mariagrazia Midulla – che si sia dedicata attenzione all’attuazione delle decisioni della Cop28 di Dubai, in particolare triplicare le fonti rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030. I molti e giusti richiami a contenere il riscaldamento globale entro 1,5°C vanno resi impegni concreti e fattivi, soprattutto servono tappe e scadenze precise. Qualche segnale rilevante, per esempio sull’uscita dal carbone intorno al 2035. Però c’è ancora troppo gas nel G7, occorre lavorare per uscire davvero e al più presto da una dipendenza intollerabile, che contribuisce pesantemente alla crisi climatica».

Sulla stessa linea Legambiente, dato che secondo il presidente nazionale dell’associazione ambientalista «il documento finale ci lascia con l’amaro in bocca. Di fatto rimanda il phase-out del carbone alla prima metà degli anni 2030 e non assume nessun impegno concreto per quello del gas e sullo stop ai sussidi alle fonti fossili e ambientalmente dannosi. Passando al setaccio i vari temi e le lacune, è deludente che un incontro tra i Paesi delle maggiori economie mondiali possa continuare ad appoggiare false risposte come il nucleare (una fonte energetica in continuo declino nel mondo a causa dei suoi costi elevatissimi) e la cattura e stoccaggio del carbonio (ad oggi assolutamente inefficaci). Mancano anche politiche di uscita dal petrolio e dal gas. Sul tema il risultato non è dei migliori: si parla di una coalizione per l’acqua ma gli obiettivi e le strategie comuni dovranno uscire dalla logica del solo approvvigionamento e uso della risorsa, come avvenuto fino ad oggi».

Non va molto meglio sul fronte della difesa della biodiversità. I Paesi del G7 si sono impegnati a sostenere la rapida ratifica dell’accordo Bbnj (Biodiversity beyond national jurisdiction) a tutela della biodiversità marina, come sottolinea il sottosegretario Claudio Barbaro, e il Consiglio del Fondo per l’ambiente mondiale (Gef) ha deciso di destinare fino a 34 miliardi di dollari all’attuazione del Bbnj.
Per il Wwf è positivo l’impegno per un’implementazione rapida ed effettiva del Quadro globale per la biodiversità(Gbf) prima della Cop16 e il richiamo agli obiettivi finanziari del Gbf, ma per questi ultima manca ancora un impegno chiaro e quantificato dei Paesi G7.
«Per quel che riguarda il dibattito pubblico italiano – conclude Midulla – ci auguriamo si cessi di dar retta a chi invoca tecnologie di là da venire o inattuabili e costose: le fonti rinnovabili, con i sistemi di accumulo e di gestione della domanda, sono la risposta meno impattante per il clima e la biodiversità, e anche economicamente più conveniente».
E sempre in tema di tutela della biodiversità, gli ambientalisti si aspettano che l’impegno a dare attuazione al Quadro globale per la biodiversità sia reso concreto con un Piano di azione e adeguate risorse, ad oggi insufficienti.