Greenpeace: «Ecco i grandi inquinatori italiani»

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I Verdi lanciano class action per Taranto
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Greenpeace pubblica la classifica dei grandi “produttori” di CO2 in Italia: «La centrale Enel a carbone “Brindisi sud” mantiene il primato dei grandi inquinatori italiani con ben 13 milioni di tonnellate (Mt) di CO2 emesse nel 2009. Segue al secondo posto la centrale Edison di Taranto con 5,9 Mt di CO2 e al terzo la raffineria Saras di Sarroch con 5,2 Mt di CO2. In generale, cala la CO2 emessa nel 2009, complici la crisi economica e l’effetto degli interventi di efficientamento energetico: da 538,6 milioni di tonnellate del 2008 si passa a quota 502 milioni. Rispetto al 1990, quando le emissioni erano a 516,9 milioni, la diminuzione è pari al 3%, comunque meno della metà dell’obiettivo fissato dal Protocollo di Kyoto».
Nel 2009 la centrale a carbone Enel “Brindisi sud” ha emesso 13 Mt di CO2, che superano abbondantemente le quote e i limiti di 10,4 Mt di CO2 imposti dall’ Emission Trading Scheme, la Direttiva europea sulle emissioni. La Puglia conferma di essere la  regione italiana con le maggiori emissioni, visto che sul suo territorio ci sono tre delle prime quattro aziende della classifica degli inquinatori.
I dati di Greenpeace evidenziano la crisi economica di alcuni settori importanti: «Il crollo della produzione di acciaio e cemento ha avuto comunque un effetto concreto nella riduzione delle emissioni di gas serra: nel comparto cemento si è passati dalle 30,3 Mt del 2005 alle 23,3 del 2009; nell’acciaio dalle 13,9 alle 8,6 Mt». Domenico Belli, responsabile della campagna energia e clima di Greenpeace, sottolinea che «I dati degli ultimi cinque anni dimostrano una riduzione costante delle emissioni del settore termoelettrico, passate dalle 147 Mt del 2005 alle 122,2 del 2009. Il merito è anche della massiccia diffusione delle fonti rinnovabili il cui contributo sulla produzione totale di energia elettrica ha oramai superato il 20%. Esiste un ampio margine per aumentare questa quota di energie verdi, ma invece si continua a puntare sul carbone e in un futuro più lontano sul nucleare».
Infatti le centrali a carbone autorizzate o in corso di autorizzazione porterebbero con sé circa altri 40 nuovi Mt di CO2. «Se realizzate – dice Greenpeace – impediranno all’Italia di raggiungere i suoi obiettivi di riduzione delle emissioni al 2020 e potranno gravare sui contribuenti per centinaia di milioni di euro». Secondo Belli «In particolare il piano di investimenti di Enel comporterebbe quasi il raddoppio delle sue emissioni di CO2: è questa la politica ambientale del maggior gruppo elettrico italiano?»
Invece gli ambientalisti pensano che questo sia «il momento giusto per orientare il nostro sistema economico produttivo verso soluzioni innovative, basate sulle fonti rinnovabili e l’efficienza energetica, capaci di generare occupazione sostenibile e durevole, migliorare la qualità dell’ambiente e della vita delle persone». Per questo Greenpeace considera un’occasione mancata la proposta di Decreto legislativo in attuazione della Direttiva rinnovabili, presentata dal Governo nei giorni scorsi: «La proposta del Governo, pur presentando alcuni aspetti innovativi, di fatto assesta un colpo mortale allo sviluppo dell’energia eolica  e colpisce il comparto fotovoltaico, riducendo il meccanismo degli incentivi in maniera disordinata. Chiediamo al Governo – conclude Belli – una revisione della proposta, anche alla luce dei dati della nostra classifica».
Nella classifica al quarto posto c’è la centrale Ilva di Taranto per la quale il Presidente nazionale dei Verdi Angelo Bonelli, nel corso di una conferenza stampa nella città pugliese, ha detto «Chiediamo giustizia per i cittadini di Taranto che da anni sono vittime di un inquinamento spaventoso». E per questo i Verdi lanciano  una «’class action’ per 3 miliardi di euro per il danni provocati dall’inquinamento e a cui potranno aderire tutti i cittadini».
«Oggi abbiamo presentato i moduli di sottoscrizione che verranno diffusi nei quartieri della città per la più grande class action italiana contro i danni da inquinamento – aggiunge Bonelli -. Ad occuparsi dell’azione legale sarà un pool di avvocati coordinato da Valentina Stefutti, già avvocato di parte civile nel processo Eternit di Torino, mentre i comitati ambientalisti di Taranto fra cui Alta Marea e Pecelink si sono resi disponibili a portare i moduli per l’azione risarcitoria nei quartieri della città».
«Chiediamo spiegazioni al Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola sul perché non abbia mai risposto alla nostra richiesta di un’indagine epidemiologica che spetta, per competenza alla regione e che potrebbe mettere in relazioni le morti e le malattie con l’inquinamento – spiega l’esponente ecologista -. Una volta realizzato questo screening ci sarebbe la prova del reato e finalmente si potrebbe fare giustizia nella città dove viene prodotto il 98% della diossina italiana e dove i bambini, per un’ordinanza del sindaco non possono giocare con la terra».
«E’ ormai evidente che c’è una volontà di mettere il bavaglio ad una popolazione che chiede solo giustizia. Si vuole far credere che tutto va bene e che la situazione è migliorata come dimostra il “Rapporto Ambiente-Salute” presentato proprio all’Ilva di Taranto – prosegue il leader del ‘Sole che ride -. Nel libro si vedono le immagini di fenicotteri rosa e colombe che volano: ma la verità è un’altra».