I Paesi in via di sviluppo perderanno oltre 300 miliardi di dollari. Ma gli aiuti promessi non arriveranno

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I Paesi in via di sviluppo perderanno oltre 300 miliardi di dollari. Ma gli aiuti promessi non arriveranno. Crisi, i ricchi del mondo ignorano i poveri
A Washington il 15 novembre scorso hanno fatto a gara per mettersi in posa nella foto-ricordo. E non solo: Stati Uniti ed Europa si sono impegnati a spendere circa 4,1 triliardi di dollari (sì, come quelli di Paperone) in sostegno alle banche e ad altri istituti finanziari.
Una cifra 45 volte superiore a quanto abbiamo speso per i Paesi poveri nel 2007. 313 volte di quei 13,1 miliardi di dollari che ci siamo impegnati a investire per affrontare i cambiamenti climatici. Ma a Doha, dove a fine novembre erano attesi i Capi di stato di tutto il mondo per la Conferenza delle Nazioni unite sulla Finanza per lo sviluppo, la maggior parte di quelli di Europa, Usa e Canada non ci sono andati, e così come sono mancati anche i vertici di Banca Mondiale e Fondo monetario. E’ questa la brutta sorpresa che ha accolto i circa 400 delegati al contro-forum della società civile che da ieri è in corso tra le stesse dune del Qatar. Soprattutto in un momento di crisi si aspettavano che i loro governanti si assumessero la responsabilità di decidere come e quanto investire per parare il colpo nei Paesi impoveriti dalle loro speculazioni.
Il Fondo monetario internazionale stima infatti che i Paesi in via di sviluppo perderanno oltre 300 miliardi di dollari tra ora e il 2010 per colpa di questa crisi che non hanno certo provocato, né cercato come invece hanno fatto i nostri speculatori e imprenditori. Eppure, come ha denunciato ieri il direttore della Campagna del Millennio Onu Salil Shetty, ospite a Roma del Comitato interparlamentare per gli Obiettivi del millennio, «il rischio che molti Governi ricchi si tirino indietro rispetto ai propri impegni esiste e va contrastato». Ma il problema, come ha spiegato lo stesso Shetty, «è ormai chiaro a tutti: da questa crisi o si esce insieme o non se ne esce» e quindi la logica di decidere in G8 o G20 il futuro del pianeta non funzionerà.
Bufala nella bufala, gli aiuti al commercio: la maggior parte del cosiddetto Aid for trade – cioè ben 21 miliardi di dollari che i Paesi donatori dell’area Ocse impegnano in media ogni anno in aiuti diretti ai settori più strettamente associati al commercio, che secondo il paradigma liberista sono in realtà fondi “legati”: condizionati, cioè, alla stipula di accordi commerciali, in sede Wto o faccia a faccia, di forniture o contratti con le aziende dei Paesi donatori.
Da Doha Help Local Trade – nuova coalizione promossa da Centro internazionale Crocevia, M.A.I.S., Mani Tese, Servizio Civile Internazionale, Campagna per la riforma della Banca Mondiale, Fair e FairWatch e lanciata in occasione della Conferenza Onu – chiede al Parlamento e al Governo italiano il coraggio di proporre «uno stop ad aiuti come questi che, nei fatti, non funzionano, o almeno non per coloro per i quali sono stati immaginati». Certo, gli aiuti non possono fare miracoli: stiamo parlando di 3 centesimi di dollaro al giorno per ciascuno dei quasi 3 miliardi di poveri del pianeta. «Ma si potrebbe usarli molto meglio – spiegano dalla Coalizione – considerato quanto riescono a fare nei mercati locali e di tasca propria realtà come quelle del commercio equo e solidale, del biologico o, sul versante consumi, dei gruppi d’acquisto solidali». «I 172 Paesi non membri del G20 vogliono un processo di riforma della Governance globale che sia il più democratico e inclusivo possibile – spiega Andrea Baranes di Crbm, che rappresenta a Doha Help local trade – dal momento che la recessione globale colpisce duramente soprattutto loro».
Per i Paesi Poveri Salil Shetty ha un consiglio: cogliere l’occasione della “magra”, «per migliorare la loro capacità di mobilitare le risorse interne lottando con più forza la corruzione». I Paesi d’area Ocse tutti insieme, però, non investono ancora in aiuti nemmeno lo 0,7% del Pil globale. La cooperazione italiana, dopo la “manovra d’estate”, se non riuscirà a rimediare altri fondi in Finanziaria aumentando l’accisa su alcol e tabacco, nel 2009 potrà contare solo su 170 milioni di euro, il 23% di quanto disposto dal Governo Prodi per il 2008. Di questo passo ai presunti corrotti delle periferie del pianeta non resteranno che i soldi del Monopoli. Oppure le solite mazzette di banche e corporations, fresche di salvataggio pubblico. Noblesse, oblige.
Monica Di Sisto (da Liberazione)