"Kyoto, l'Italia sempre più lontana"

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Partita delicata sul clima a Poznan 
Ci sarà tempo fino a martedì 16 per giocare la delicata partita sul clima, a Poznan. I negoziati vanno avanti con difficoltà. E, mentre l’Italia insiste perché gli accordi non colpiscano «la nostra economia», come ha detto il ministro degli esteri Frattini, i ricercatori del Cnr ci informano che l’estensione dei ghiacci in Artico «è prossima al minimo storico» e che al Polo Nord «il riscaldamento climatico rilevato è doppio rispetto alla media», tanto che, su «scala globale negli ultimi 20 anni si è avuto un aumento medio di 0,57° C, in Artico si è valutato un incremento di 1,1° C, cioè due volte tanto».
Non c’è da stare tranquilli, anche perché nel Climate Change Performance Index del German Watch, il Rapporto internazionale che valuta la qualità degli interventi per la riduzione dei gas serra nei paesi industrializzati ed emergenti, dice che il nostro paese è in caduta libera nelle azioni contro la CO2. Siamo al 44esimo posto sui 57 paesi a maggiori emissioni di CO2, questo perché – secondo il rapporto – l’Italia non ha una strategia complessiva per abbattere le emissioni di CO2, anzi, la nostra politica energetica punta sull’aumento dell’uso del carbone.
E le fonti rinnovabili? Domani tanti pinguini, simbolo dell’urgenza della lotta al mutamento climatico, si ritroveranno a Roma, a piazza Montecitorio, contro il provvedimento del governo che taglia gli incentivi del 55 per cento per queste fonti e per il risparmio energetico.
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“Kyoto, l’Italia sempre più lontana” Berlusconi: “Pronti a porre il veto”
Il nostro Paese si piazza al 44esimo posto su 57 nel Climate change performance index. Legambiente: “Disastroso”
Il manifesto di Greenpeace sulla stazione di Poznan, in Polonia, dove si tiene il vertice sul clima
ROMA – Gli obiettivi del Protocollo di Kyoto? Sono sempre più distanti per l’Italia. Il nostro Paese prende voti scarsi nella lotta al surriscaldamento globale e, quel che è peggio, la soglia della sufficienza si allontana di anno in anno. A dare un giudizio negativo sulla performance italiana in quanto a misure per la riduzione dei gas serra è il rapporto internazionale Climate change performance index del German Watch, che mette l’Italia al 44esimo posto nella classifica dei 57 Stati a maggiori emissioni di CO2, cioè quelli che producono il 90% dei gas serra a livello mondiale.
Nonostante questi dati, la linea dell’Italia rispetto al pacchetto clima che domani verrà discusso al Consiglio d’Europa è poco conciliante: “Domani esamineremo le proposte e io avrò la responsabilità di dire sì o no: se gli interessi italiani saranno colpiti, io opporrò il diritto di veto e non avrò nessuna esitazione a farlo”, ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, durante il suo intervento alla presentazione del libro di Bruno Vespa.
In caduta libera. Nello studio, che si sofferma sugli interventi positivi e strutturali di ogni singola nazione nel campo del riscaldamento, l’Italia si piazza nel gruppo di coda e perde terreno rispetto alla scorso anno, quando era 41esima. Davanti a noi, India e Brasile. Poco dopo, Paesi noti per essere “grandi inquinatori” come la Polonia e la Cina. E comunque rimaniamo ben lontani dal terzetto di punta delle prime in classifica: le virtuose Svezia, Germania e Francia. Nelle ultime posizioni ci sono invece Arabia Saudita, Canada e Usa.
“Disastroso”. Così Legambiente, una delle associazioni ambientaliste che hanno collaborato alla stesura del rapporto, definisce il nostro piazzamento, “che rispecchia il cronico ritardo nel raggiungimento degli obiettivi fissati dal Protocollo di Kyoto”.
Le cause. A determinare questa situazione hanno contribuito l’assenza di una strategia complessiva per abbattere le emissioni di CO2, una politica energetica che punta sull’aumento dell’uso del carbone – una fonte non pulita – e il deficit di trasporti a basse emissioni. Non solo: su di noi pesa la constatazione che nella Ue siamo uno degli Stati dove i gas serra sono cresciuti di più rispetto ai livelli del 1990 (+9,9%). E questo in barba al taglio del 6,5% imposto dal trattato internazionale.
Punti di forza a rischio. Legambiente osserva che a salvare l’Italia dagli ultimissimi posti della classifica sono state “le poche ma importanti misure adottate in questi anni, come il conto energia per la promozione del fotovoltaico o gli incentivi del 55% per l’efficienza energetica”. Ironia della sorte, fa notare Legambiente, queste sono proprio le misure finite nel mirino del governo, “che dopo aver eliminato l’obbligo della certificazione energetica degli edifici, ha tagliato il 55%”.
Prospettive future. Il rapporto del del German Watch ipotizza che il giudizio in futuro potrebbe persino peggiorare e non lesina sulle critiche al comportamento del nostro Paese nei negoziati in corso sul pacchetto energia e clima dell’Unione Europea. Insieme alla Polonia, infatti, l’Italia si merita il giudizio più negativo sul piano internazionale per i ripetuti tentativi di sabotare il pacchetto. Come dire, abbiamo incassato anche uno zero in condotta.
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