State of the World, perché è necessario invertire il modello di sviluppo

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pianet Dal 1950 ad oggi la produzione di metalli è aumentata di 6 volte, l’estrazione di petrolio di 8 e quella di gas naturale di 14. Secondo l’annuale rapporto State of The World, presentato oggi a Roma, per i sistemi naturali del pianeta gli stili di vita, in particolare quelli occidentali, sono improponibili. I problemi sociali ed ecologici con i quali ci stiamo confrontando dimostrano il fallimento della cultura del consumismo. Basata sull’individualismo, sulla massimizzazione dei profitti nel breve termine, e sulla convinzione per cui la realizzazione personale sta in ciò che si ha, questa cultura ha generato una quantità di problemi apparentemente insolubili: la crisi climatica, le ineguaglianze tra gli individui e gli stati e un’insopportabile infelicità legata al nostro stile di vita.
È quindi urgente un’inversione di rotta che conduca a una cultura basata sulla sostenibilità. I cambiamenti culturali avvengono però solo quando si sommano le spinte provenienti da una molteplicità di attori sociali: gli individui prima di tutto, ma anche la scuola e le varie forme di comunità, i media, l’arte, il mondo degli affari e la politica. Il rapporto State of The World 2010, realizzato da Worldwatch institute e presentato oggi a Roma dal Wwf, esplora i confini di questa nuova cultura e ci presenta i suoi protagonisti, nella convinzione che un mondo più sostenibile è un mondo più sano, più giusto e, soprattutto, più felice. Secondo lo studio, negli ultimi 55 anni (1950-2005) la produzione di metalli è sestuplicata, il consumo di petrolio è aumentato di 8 volte e quello di gas naturale di 14. Complessivamente, ora si estraggono 60 miliardi di tonnellate di risorse l’anno, “circa il 50% in più rispetto a solo 30 anni fa”. Inoltre, nel solo 2008, globalmente sono stati acquistati 68 milioni di veicoli: tradotto “per i sistemi naturali del pianeta terra gli stili di vita, in particolar modo americano ed europeo, sono semplicemente improponibili”.
Lo studio invita ad “adottare tecnologie sostenibili”, così da “permettere ai consumi di base di posizionarsi in una dimensione ecologicamente possibile”. Per costruire un modello di sviluppo veramente sostenibile, secondo lo studio, nei prossimi 25 anni “si dovrebbero costruire 200 metri quadrati di pannelli solari fotovoltaici e 100 metri quadrati di solare termico al secondo, più 24 turbine eoliche da 3 MW all’ora, no stop”. Il rapporto ‘State of the World 2010′ “conferma l’insostenibilità” in atto e “il trend crescente” di uno sviluppo per nulla eco-compatibile, commenta il presidente del Wwf Italia, Stefano Leoni.
Per Erik Assadourian, direttore di State of the World, il problema è che “in tutto il mondo si è sempre più orientati al consumismo, e tanto più il consumismo si impone, più si perde il senso del mondo naturale”. Così, “gli effetti collaterali del consumismo – cambiamenti climatici, inquinamento dell’aria e uso irrazionale dell’energia – aumentano”. Per Assadourian, quindi, “non sorprende” che l’1% degli indiani più ricchi (circa 10 milioni di individui), siano oggi responsabili dell’emissione di 5 tonnellate di emissioni di CO2, “un quinto delle emissioni pro-capite statunitensi, ma il doppio del livello medio di 2,5 tonnellate pro-capite necessario per mantenere l’aumento delle temperature sotto i 2 gradi”. Il rapporto ‘State of the World 2010’ parla chiaro: “Con gli attuali 6,8 miliardi di individui del pianeta, i moderni modelli di consumo, anche a livelli relativamente bassi, non sono sostenibili”. Occorre quindi “un’inversione culturale” per “sostenere un modello di sviluppo che abbia una maggiore impronta ecologica”, aggiunge Assadourian. Un tale mutamento, conclude il presidente di Worldwatch Institute, Christopher Flavin, “rimodellerebbe a livello globale il modo di vivere dell’uomo”.
State of the World 2010 Trasformare la cultura del consumo
Worldwatch Institute a cura di Gianfranco Bologna
Edizioni Ambiente 2010 – pp. 384 – euro 24,00 ISBN 978-88-96238-39-4