Conai, cambiano le regole per il contributo ambientale per gli imballaggi

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Conai, cambiano le regole per il contributo ambientale per gli imballaggi

conaiUn emendamento Pd elimina alcune norme che frenavano la possibilità di fare concorrenza al Consorzio nazionale imballaggi. Protesta l’Anci, plaude l’Associazione dei Comuni Virtuosi
Se l’articolo 37 del ddl concorrenza in discussione al Senato diventerà legge, Matteo Renzi probabilmente twitterà la notizia usando l’hashtag #lavoltabuona. Perché di aprire al mercato il settore della raccolta e avvio al riciclo degli imballaggi si parla da tempo e un tentativo simile del governo Monti nel 2012 non ha dato risultati concreti.
Oggi il sistema funziona così: i produttori e gli utilizzatori di bottiglie, scatole e flaconi versano al Consorzio nazionale imballaggi (Conai) un contributo ambientale (Cac). Questo, tolti i costi di struttura, viene girato ai Comuni per sostenere le spese del servizio di raccolta differenziata, in base a un accordo quadro con l’Associazione dei Comuni italiani. Il Testo unico ambientale approvato nel 2006 prevede la possibilità che accanto al sistema Conai istituito nel 1997 dal decreto Ronchi e comprendente sei consorzi dei materiali, se ne possano formare altri autonomi. Oggi però le esperienze di questo tipo sono solo due, a causa soprattutto delle barriere che le leggi non hanno mai tolto. In un’audizione al Senato di novembre 2014 il presidente dell’Autorità per la concorrenza Giovanni Pitruzzella, senza «disconoscere l’utilità che hanno avuto i consorzi nella fase iniziale di realizzazione di un moderno sistema di gestione dei rifiuti nel nostro Paese», ha richiamato l’attenzione proprio su quelle «criticità che, se superate, potrebbero rendere la regolazione del settore maggiormente pro-concorrenziale» e «favorire l’ulteriore sviluppo dei mercati del riciclo».
L’articolo 37 inserito alla Camera nel ddl concorrenza, che inizialmente non conteneva nessun accenno al tema degli imballaggi, prova a intervenire su questi ostacoli. Gli emendamenti firmati dal deputato Pd Emanuele Cani sgravano le imprese che avviano un sistema autonomo dal pagamento del Cac: non dovranno più versarlo dopo che il loro progetto è stato riconosciuto dal ministero dell’Ambiente, fino a quando non ne viene accertato il funzionamento effettivo. L’altra modifica approvata, proposta dalla deputata Pd Maria Chiara Gadda, affida all’Ispra in qualità di ente terzo il compito di fornire al ministero «i necessari elementi di valutazione» sul sistema autonomo da riconoscere. Fino ad oggi lo faceva il Conai, con il rischio di possibili conflitti di interesse dati dal dover valutare un proprio concorrente diretto.
Alcuni osservatori bollano questi provvedimenti come un “contentino”, visto che molte altre barriere rimangono. Gli emendamenti che agevolavano in altri modi i sistemi autonomi, eliminando per esempio l’obbligo di operare su tutto il territorio nazionale o cancellando il divieto di gestire altri flussi di imballaggi oltre ai propri, sono stati respinti. Eppure l’Authority era stata chiara, prospettando «vantaggi non solo di tipo ambientale ma anche di tipo economico (con creazione di nuove imprese e posti di lavoro)» e «positive ricadute in termini di costi di riciclo/smaltimento più bassi pagati dalla collettività», come conseguenza di una maggiore concorrenza. In Austria, dove è in atto un processo di apertura al mercato, il governo calcola che la liberalizzazione della gestione degli imballaggi post-consumo in plastica e materiali compositi porterà a una riduzione dei costi del 10% entro il 2018.
Dall’altro lato, dopo l’approvazione degli emendamenti l’Anci ha lanciato l’allarme. Le norme, «porteranno a gravi perdite per i Comuni, stimabili in alcune centinaia di milioni, a solo vantaggio di alcuni produttori che così potranno evitare di pagare il contributo ambientale», ha detto il delegato Anci a Energia e rifiuti Filippo Bernocchi. «Il mancato pagamento del Cac da parte di un grosso soggetto fino a che il nuovo sistema non viene valutato metterebbe a rischio l’equilibrio della struttura consortile. Se mancano i soldi per pagare i corrispettivi ai Comuni, i costi saranno scaricati sui cittadini. Per autorizzare nuovi sistemi autonomi ad operare è indispensabile un accordo preventivo con l’Anci». Sul fronte opposto l’Associazione dei Comuni virtuosi, da tempo in polemica con l’Anci sul tema dei rifiuti: «All’interno delle modifiche del ddl concorrenza approdato al Senato non ravvisiamo delle criticità o altre possibili conseguenze negative per i Comuni», spiega il presidente Bengasi Battisti, secondo il quale «a mettere in pericolo i bilanci comunali e la sostenibilità economica di tutta la filiera degli imballaggi è piuttosto l’accordo Anci-Conai: i Comuni riceveranno per l’anno in corso circa 420 milioni di euro di corrispettivi, che arrivano a coprire non più di un terzo di quanto i Comuni spendono per la raccolta degli imballaggi».
Tutti sono però concordi sul fatto che una revisione organica della materia a livello legislativo sarebbe necessaria, anche se poi è sul come che si giocherà la partita. Le disposizioni sul settore degli imballaggi presenti nel Collegato ambientale sono state stralciate al Senato e c’è chi teme che gli emendamenti Cani e Gadda facciano la stessa fine, mentre gli occhi, a questo punto, sono tutti puntati sul Green Act.
veronica ulivieri – la stampa