La green economy corre da sola. Nel 2016 249mila posti di lavoro verdi in più

Home Ambiente La green economy corre da sola. Nel 2016 249mila posti di lavoro verdi in più
La green economy corre da sola. Nel 2016 249mila posti di lavoro verdi in più

green-economy-greenitaly-2016-320x234Da Symbola e Unioncamere il rapporto GreenItaly 2016. La green economy corre da sola. Nel 2016 249mila posti di lavoro verdi in più ovvero il 44,5% della domanda complessiva di lavoratori non stagionali. Fondamentale il manifatturiero.
Quanto vale oggi la green economy italiana in termini di lavoro? Secondo i numeri di GreenItaly 2016, il settimo rapporto di Fondazione Symbola e Unioncamere, presentato oggi a Roma, sono ad oggi 2 milioni 964mila gli occupati che applicano competenze ‘verdi’ nel nostro Paese, una cifra che corrisponde al 13,2% dell’occupazione complessiva nazionale e che sembra destinata a salire ancora entro fine dicembre. In totale, si stima che nel 2016 le assunzioni programmate di green jobs in senso stretto (72.300) e figure ibride con competenze verdi (176.800) arriveranno nell’insieme a 249mila, pari al 44,5% della domanda complessiva di lavoratori non stagionali.
Il Jobs Act di renziana memoria ha introdotto sgravi per le nuove assunzioni e nuova precarietà, ma ora che i primi sono finiti i numeri sull’occupazione non fanno che peggiorare rispetto all’anno scorso. Così non è per il settore della green economy, dove anzi si accelera: guardando ai green job in senso stretto, questi nel 2015 sono cresciuti di 21.300 unità (contro le 72.300 già citate per il 2016), contribuendo a oltre il 10% dell’aumento complessivo dell’occupazione del Paese, che è stata di +185.800 unità.
Victor Hugo ha scritto che «c’è una cosa più forte di tutti gli eserciti del mondo, e questa è un’idea il cui momento è ormai giunto», e le imprese di GreenItaly cavalcano questa idea. Sono infatti oltre 385mila le aziende italiane (il 26,5% del totale) ossia, dell’industria e dei servizi che dal 2010 hanno investito, o lo faranno quest’anno, in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2. Una quota che sale al 33% nel manifatturiero, dove l’orientamento green si conferma un driver strategico per il made in Italy.
«Queste imprese – afferma il presidente di Fondazione Symbola, Ermete Realacci – dimostrano che il nostro posto nel mondo non è quello della competitività a bassi prezzi e dumping ambientale e sociale, ma quello della qualità, fatta di cura dei dettagli, di attenzione al capitale umano, di coesione, bellezza, innovazione e sostenibilità. Investendo green le aziende diventano più sostenibili e soprattutto più competitive e aprono un sentiero che va verso il futuro. Anche per il Paese, che nella green economy e nell’economia circolare ha riscoperto antiche vocazioni – quella al riciclo e all’uso efficiente delle risorse – e trovato un modello produttivo che grazie a innovazione, ricerca e tecnologia ne rafforza l’identità, le tradizioni, ne enfatizza i punti di forza».
Non è un caso, infatti, se le imprese green sono anche quelle maggiormente digitalizzate nel nostro tessuto produttivo. «Basti pensare – sottolinea il presidente di Unioncamere, Ivan Lo Bello – che 4 su 5 sono presenti sul web, hanno processi digitalizzati e puntano sulle digital skills, contro poco più della metà delle imprese non green. I dati del nostro Rapporto dimostrano una volta di più che la scelta green paga».
Nonostante tutto, però, anche quest’anno nella nuova legge di Bilancio – eccezion fatta per il rafforzamento degli ecobonus in edilizia – l’introduzione di una fiscalità verde rimane un miraggio. Anche il rapporto GreenItaly sottolinea che l’economia verde si è dimostrata una delle più significative ed efficaci risposte alla crisi, incrociando «la natura profonda della nostra economia: la spinta per la qualità e la bellezza, naturali alleate dell’uso efficiente di energia e materia, dell’innovazione, dell’high-tech», portata però avanti con fatica «e spesso senza incentivi pubblici». E pensare che basterebbe poco, anche soltanto riqualificare la spesa delle amministrazioni pubbliche. Arriva dalla Pa il 17% della spesa nazionale in beni e servizi, eppure circa solo il 9,3% di questi acquisti rientra nei canoni verdi del Gpp (Green public procurement). Rimane forte dunque il rammarico di immaginare soltanto cosa la green economy potrebbe dare al Paese in termini di posti di lavoro e sostenibilità ambientale se dalla regia politica arrivasse la spinta necessaria. Luca ALterini GreenReport