Guatemala, a 10 anni dagli Accordi di Pace la repressione continua ad uccidere

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Guatemala – Alle 19 un gruppo armato fa irruzione nella umile dimora di Antonio Ixbalan Cali, Presidente dell’associazione locale dei contadini, aderente all’organizzazione nazionale Conic.
Gli spari si susseguono, la moglie Maria Petzey Coo muore all’istante, Antonio, dopo aver ricevuto tre colpi si spegne all’ospedale di Mazatenango. Risparmiati dal massacro i tredici figli, di cui cinque molto piccoli.
Questa la cronaca di quello che è accaduto a Valparaiso, dove da quattro anni la famiglia di Antonio e altre decine di famiglie, lottano per i diritti dei popoli indigeni alla “madre terra” contro i grandi latifondi. Il progetto per lo sviluppo rurale è sostenuto da Mani Tese e la lotta per la terra è alla base di ogni iniziativa che voglia riportare dignità e rispetto dei diritti delle comunità indigene.
La mattina del 5 aprile, Conic ed altre organizzazioni indigene e contadine, avevano annunciato una mobilitazione nazionale di tutti i settori della società per il rifiuto delle politiche del governo. Si contestano, infatti, le concessioni di sfruttamento ambientale alle grandi aziende internazionali e le mancate risposte ai movimenti indigeni e contadini che da anni lottano per il diritto alla terra.
In un comunicato diffuso nei giorni successivi la morte di Antonio Ixablan, Conic non esclude che l’omicidio sia la risposta diretta dello stato alla mobilitazione popolare.
Il movimento popolare e indigeno in Guatemala ha subito per anni repressioni, stragi, massacri ed uno dei più gravi genocidi della storia. Il rapporto dell’Onu “Guatemala: Memoria del silenzio” illustra quanto macabre furono le azioni intraprese da un esercito guidato per trent’anni da dittatori. In quegli anni la violenza delle forze militari, per terrorizzare la base del movimento, colpiva i quadri intermedi prima di colpire direttamente i dirigenti nazionali. Lo scenario sembra ripetersi.
Negli ultimi giorni Conic aveva interrotto ogni rapporto con il governo di Berger che non rispetta gli Accordi di pace firmati nel 1996, gli accordi del 2004 sull’accesso alla terra ed i diritti indigeni.
“La risposta del governo alle nostre domande rappresenta una presa in giro per il movimento maya e popolare. Non ha alcun senso mantenere rapporti con un governo razzista ed escludente” dice Pedro Esquina, coordinatore generale di Conic, nella conferenza stampa del 5 aprile.
Juan Tiney, membro della direzione nazionale, avverte che la loro mobilitazione non sarà di un solo giorno, bensì un movimento di legittima resistenza contro questo governo. “Le azioni – afferma Tiney – comprenderanno occupazioni delle terre, il blocco delle strade, assemblee e manifestazioni. Ci obbligano a scegliere la lotta popolare. Ecuador e Bolivia dimostrano che si possono ottenere grandi risultati con la mobilitazione popolare.”
I dirigenti di Conic rivolgono un appello a Rigoberta Menchù e agli altri indigeni che lavorano con il governo, affinché rinuncino alla collaborazione, pena essere considerati traditori del movimento indigeno.
Il Presidente del Guatemala, Oscar Berger, ha detto che deve continuare il dialogo ma che non potrà accettare blocchi stradali ed ogni azione contro la legge sarà repressa duramente. “Dopo gli Accordi di pace non c’è posto per la violenza e ci sono vie democratiche per risolvere i problemi” purtroppo, però, è smentito dalle sue stesse politiche che non attuano quegli Accordi e non riconoscono i diritti indigeni.
Conic chiede al governo di Oscar Berger di chiarire nel minor tempo possibile l’accaduto, avviando una imminente indagine a riguardo. In caso contrario dimostrerà la sua complicità.
Il popolo del Guatemala chiede attenzione al mondo: “Uniamo le nostre forze per la difesa della nostra dignità”.