Onda su Onda. Il mare dei beni comuni

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Onda su Onda: il mare dei beni comuni
Il Forum, un mare di connessioni. Il movimento per l’acqua monta come una di quelle lunghissime onde oceaniche che, dopo la raccolta di 400 mila firme e un corteo di 40 mila persone, sta ancora accumulando forza. Non c’è nessun riflusso in vista, pur dopo tanti anni. Fra Roma ed Aprilia dal 21 al 23 novembre centinaia di attivisti discuteranno progetti e campagne per il 2009. E un’onda non può che essere felice in mezzo ad altre onde, come quella del movimento per la scuola e l’Università pubblica. Sarà proprio una studentessa ad intervenire in apertura del secondo Forum italiano dei movimenti per l’acqua, incarnandone lo spirito, rappresentando la connessione dei tanti tasselli del mosaico: la connessione con l’esperienza di studenti, genitori, insegnanti, ricercatori e precari che ridisegnano un’idea di sapere come bene comune, ma anche con i movimenti che si occupano d’energia o rifiuti, di trasporti, casa o sanità. Molti di noi, cresciuti negli spazi del Forum Europeo e del Forum Mondiale, da tempo sono in cammino verso un’alleanza sociale: onda su onda, inizia a prendere forma il mare dei beni comuni.
Spa & Fondazioni: la commercializzazione della cittadinanza. La riforma di scuola e Università è sia un insieme di tagli pesantissimo, per cui si stenta a definirla una riforma, sia l’ attuazione di un processo di privatizzazione, per cui è effettivamente un autentico disegno di riforma. Il progetto delle Fondazioni universitarie è il corrispettivo strutturale delle Spa per la gestione dei servizi pubblici, contro cui si battono da anni i nostri movimenti. Fondazioni di cui s’è innamorata tanto la destra quanto la sinistra, proprio come fu corale l’amore per le Spa. E’ il progetto di commercializzazione assoluta di beni e servizi. Poteri privati e poteri politici (“ex pubblici”, per così dire) costruiscono oggi un’ampia area di sovrapposizione reciproca, posta al di là della democrazia e di ogni possibile controllo da parte dei cittadini. Si tratta infatti di processi di commercializzazione in cui le corporazioni politiche mantengono una salda presenza. Certo è che sfera pubblica e democrazia vengono così triturate e annientate, e la partecipazione dei cittadini diviene impossibile.
Ogni fase di privatizzazione è preceduta da forti tagli al finanziamento dei servizi pubblici, che ne peggiorano la qualità e preparano il consenso sociale all’ingresso dei privati. Naturalmente adesso è il turno di scuola e Università, in attesa di mettere la mani sulla sanità. Tremano da anni i beni comuni naturali (come l’acqua) e sociali (come la conoscenza), materiali o immateriali, squassati da un terremoto fattosi più potente con la globalizzazione privatista. E’ un progetto eversivo, che fa implodere l’idea di cittadinanza, commercializzando e privatizzando il suo stesso contenuto: non siamo più cittadini con eguale accesso a beni comuni e servizi pubblici essenziali, non più cittadini con effettivi ed eguali diritti sociali, ma semplici consumatori o clienti, atomi solitari in competizione fra loro.
La crisi economica ed il loro progetto di modernità. A maggior ragione in epoca di recessione, di tempeste borsistiche e di riduzione del potere d’acquisto dei salari, i privati sono alla ricerca di settori “protetti” in cui valorizzare il capitale. E non c’è niente di più sicuro che entrare nella gestione di beni e servizi di cui le persone non possono fare a meno: rinuncerò ad un nuovo modello di cellulare, non ad aprire il rubinetto dell’acqua. Insomma, servizi in cui la domanda è garantita e relativamente rigida. Ha scritto Marco Vitale, con un certo ottimismo, su Il Sole 24 Ore: “avevano detto che bisognava privatizzare ogni cosa, unica via per salvarci dalla inefficienza dello Stato. Ora che i governi americano e inglese devono ripetutamente intervenire per salvare privatissime banche in fallimento e l’intero mercato, sappiamo che non è vero. (…) Come sempre, dunque, quando si verificano grossi sconquassi economici, stiamo assistendo al tramonto di un’intera concezione, di un sistema di pensiero.” Ma purtroppo, oggi, gli stessi autori del disastro ci vogliono invece ammannire un audace “socialismo rovesciato”, trasferendo nuovi e generosi flussi di denaro pubblico ai privati attraverso il sostegno alle banche, attraverso i tagli e la messa sul mercato dei servizi pubblici. Per anni ci è stato ripetuto che nulla poteva essere investito in scuola o ospedali, in ricerca o acquedotti: il debito pubblico incombeva. Ora che un giganteso debito privato travolge tutto e tutti, lo si vuol impunemente trasformare in ulteriore debito pubblico, che i cittadini dovranno pagare con nuovi tagli ai servizi e con privatizzazioni selvagge.
Ma è pur vero che il re è nudo e che tutti conoscono l’enorme indebitamento -delle famiglie, delle banche e ovviamente dello Stato stesso- che è base e risultato del tanto magnificato modello Usa: un’economia di crescita per la crescita basata sul debito, sulla depredazione degli altri paesi (risorse, merci, capitali, energia) e su strumenti finanziari criminali. Oltreoceano tutti credevano di essere ricchi, invece erano ladri e pure indebitati. Coloro che poi hanno guadagnato cifre inimmaginabili grazie a bolle finanziarie o immobiliari e – a lor giudizio- grazie a straordinarie doti e talenti individuali, adesso chiedono che i cittadini meno talentuosi paghino le loro perdite. Infatti, come hanno ben riassunto gli studenti nel loro slogan, il punto è semplice: chi pagherà oggi tutto questo? Un simile mostruoso sistema economico-finanziario è stato dipinto fino a ieri come il non plus ultra della modernità, proprio come sono moderne le Spa per gestire i servizi pubblici e ancor più moderne le Fondazioni universitarie: modelli di efficienza, efficacia ed economicità, sempre secondo i nostri talenti dell’economia. Insomma, non è esagerato dire che l’Italia, con gli Stati Uniti di Bush (di Obama chissà), è uno zoccolo duro a livello planetario, un paese che sembra ostinarsi ad inseguire questa decrepita modernità, fin oltre l’orlo del baratro. Limitiamoci a qualche esempio sull’acqua: mezza America Latina scaccia le multinazionali a furor di popolo e costituzionalizza il diritto all’acqua come diritto umano; la città di Parigi estromette le multinazionali dalla gestione del servizio idrico e lo ripubblicizza (per inciso: la “rossa” Toscana è pronta ad accogliere a braccia aperte le esiliate in patria Suez-Veolia, assieme ad Acea Spa di Alemanno & Caltagirone); al prossimo Forum Mondiale Alternativo dell’Acqua di Istanbul, nel marzo 2009, il Presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite compirà uno storico gesto, uscendo dal Forum ufficiale per venire a sostenere le posizioni del nostro contro-Forum, per affermare l’acqua come diritto e non come merce.
Un maremoto contro la legge 133. E in Italia cosa accade, per l’appunto? Qui ci servono la legge 133, con il suo articolo 23 bis che impone la sostanziale privatizzazione del servizio idrico integrato, da definirsi “servizio di rilevanza economica” e non più servizio di interesse generale. Gli enti locali non potranno decidere, perchè il mercato – per mezzo del Gran CDA che governa il nostro paese- ha deciso per tutti: l’acqua deve produrre profitti e i cittadini devono farsi clienti. Ma oggi il mare è pieno di onde. Studenti, attivisti dell’acqua e dei beni comuni possono scatenare un maremoto contro la legge 133: un progetto fatto di tagli alla scuola, di corporatizzazione dell’Università per mezzo di Fondazioni, di moltiplicazione di Spa e Multiutilities per la gestione dei servizi pubblici. Una legge che il governo dovrà rimangiarsi molto prima di quanto possa immaginare. In tanti spazi e luoghi del paese è in costruzione il nuovo orizzonte dei beni comuni, da sottrarre al mercato, e che tiene assieme elementi necessari per la vita biologica, come l’acqua, ed elementi fondamentali per una vita umana dignitosa, come la conoscenza e i saperi. C’è vita sotto la cenere e c’è un’uscita a sinistra rispetto al disastro economico e finanziario del privatismo. Insomma, questa crisi di sistema può essere un’ occasione di rinascita o forse di semplice nascita. Vi aspettiamo al Forum.
Tommaso Fattori