Roberto Cavallo: "Molto pericoloso cancellare la soglia del 65% di Raccolta Differenziata"

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La proposta Anci di “sostituire la soglia del 65% di raccolta differenziata con gli obiettivi di riciclo, riutilizzo e recupero stabiliti dall’Europa”. Intervista di Eco dalle Città a Roberto Cavallo, presidente di ERICA ed AICA: “Con la raccolta differenza conosciamo esattamente quanto materiale può essere avviato al riciclo. In Italia manca il controllo e la tracciabilità per il riciclo delle materie”
di Giuseppe Iasparra
Roberto Cavallo: “Molto pericoloso cancellare la soglia del 65% di R.D.”
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Il 14 settembre 2010 l’Anci ha presentato alla Comissione Ambiente del Senato un documento con le sue proposte di emendamento relative allo schema di decreto legislativo che recepisce la direttiva europea sui rifiuti (direttiva 2008/98/CE). Tra le proposte dell’Anci, c’è “l’abbandono della soglia del 65% di raccolta differenziata, che dovrebbe essere sostituita con gli obiettivi di riciclo, riutilizzo e recupero stabiliti dall’Europa”.
“Pur condividendo la filosofia della proposta, che è quella che sta alla base della direttiva comunitaria, trovo molto pericolosa questa proposta di soppressione”. E’ questa l’opinione di Roberto Cavallo, presidente di ERICA ed AICA, in merito alla proposta Anci che prevede di cancellare l’obiettivo del 65% di raccolta differenziata. Roberto Cavallo spiega il suo giudizio: “Sono ben consapevole che la raccolta differenziata è solo un mezzo per giungere al vero obiettivo che è il recupero dei materia, ma proprio perché è un mezzo serve per conoscere esattamente quanto materiale può essere avviato al riciclo. Per gli imballaggi, le aziende rifiuti sanno esattamente quanta plastica è stata raccolta e gli ispettori del sistema Conai stabiliscono il grado d’impurità del materiale. In Italia, prima dell’applicazione del SISTRI e le difficoltà fino ad oggi registrate in vista della sua introduzione, è estremamente difficile computare il materiale effettivamente recuperato: occorrerebbe una tracciabilità del rifiuto fino a quando questo diventa altra materia e viene inglobato in un nuovo bene, ed occorre considerare anche le materie vadano all’estero. Senza voler rinunciare a saperlo il rischio è che l’obiettivo di riciclo diventi assolutamente utopico, già fatichiamo a uniformare i sistemi di calcolo della differenziata da regione a regione figuriamoci con il riciclo”.
“Aggiungo un altro elemento di preoccupazione – dichiara Roberto Cavallo – La direttiva comunitaria stabilisce il 50% di recupero di materia entro il 2020 per almeno carta, plastica, vetro e metalli. Questo materiali sono già ampiamente raccolti ed avviati al recupero grazie alla flessibilità del sistema CONAI, che in molte filiere accetta le frazioni similari; ad esempio un giornale o una rivista può andare nella carta senza essere imballaggio e viene accettata dal sistema. Questa flessibilità garantisce già oggi un recupero superiore ai limiti della nuova direttiva. (Nel 2009, il tasso di riciclo degli imballaggi cellulosici ha superato l’80% – dato XV Rapporto annuale sulla raccolta differenziata di carta e cartone di Comieco. Per quanto riguarda il vetro il tasso di riciclo è stato del 66% – dato Coreve ndr). “Se passasse l’emendamento Anci – continua Cavallo – qualcuno potrebbe dire: Bene, noi abbiamo raggiunto gli obiettivi del 2020, fermi tutti non si fa più niente”.
“C’è poi il concetto di limite minimo – continua il presidente di ERICA ed AICA – che in Italia diventa automaticamente soglia massima. Se consideriamo che ancora oggi, dopo 7, anni restano inapplicati, per quasi la metà del nostro Paese, gli obiettivi minimi di raccolta differenziata della precedente legislazione (35% di RD entro il 2003) temo che davvero il sistema raccolta differenziata-riciclo, uno dei pochi comparti che in piena crisi ha continuato a funzionare e creare posti di lavoro si blocchi per dieci anni”.
“La direttiva europea parla di preparazione al riutilizzo – sottolinea Cavallo – ma non fissa obiettivi di riutilizzo: c’è il 50% di recupero di materia ma non è indicato che una certa percentuale vada riutilizzata”. Aggiunge Cavallo: “Bisogna, inoltre, dividere quello che è il riuso vero e proprio, come ad esempio il vuoto a rendere, riuso tout court che non ha bisogno di preparazione, da oggetti che hanno bisogno di essere preparati per essere riutilizzati (lavati, disassemblati, riparati, ecc.)”. La direttiva europea definisce così la “preparazione per il riutilizzo”: le operazioni di controllo, pulizia e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento.
Il presidente di ERICA ed AICA fa alcuni esempi di riuso e preparazione per il riutilizzo: “Il riuso permette ad un bene di non diventare rifiuto e quindi di non sottostare alle norme del settore. Il vetro di una bottiglia con il vuoto a rendere non diventa mai rifiuto a meno che non si rompa ed allora va nella differenziata. Rifiuto è quell’oggetto di cui sei obbligato o intenzionato a disfarti. Il vuoto a rendere quindi, non ti induce a disfartene, ma lo si restituisce perché venga ririempito. Invece, se porti la bicicletta rotta all’ecocentro per gettarla via, prima di buttarla nel cassone, un operatore potrebbe prenderla (come già avviene in molti ecocentri d’Italia), portarla nella sua officina e prepararla per il riutilizzo: la esamina, la smonta, ne prende un componente. Qui siamo, purtroppo mi viene da dire, già nel campo dei rifiuti. Se hai portato lì la bici infatti, volevi disfartene. Se la definizione contenuta nella direttiva europea venisse applicata così com’è, tutti i riparatori dovrebbero autorizzare le loro officine come impianti di trattamento rifiuti. Questo sta creando dibattito e discussione in tutta Europa. In Italia lo scorso giugno è nata per questo la Rete ONU: Rete Nazionale degli Operatori dell’Usato. La rete si sta battendo affinché la preparazione per il riutilizzo sia un’attività di prevenzione e non di lavorazione sul rifiuto. Oggi, secondo la direttiva europea, la preparazione per il riutilizzo è un intervento sul rifiuto. Si tratta di un confine burocratico e legislativo molto sottile”. Cavallo ricorda la figura del ferrivecchi: “Ti passa a prendere la vecchia rete da letto, che vuoi cambiare: quell’oggetto che carica sul furgone è un rifiuto oppure no? Se è un rifiuto, il ferrivecchi e il mezzo di trasporto devono essere iscritti all’albo trasportatori, se invece è un’attività non di recupero, ma di utilizzo e riuso che non diventa rifiuto, è tutt’altra roba”.
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