I diritti hanno vinto, Salah non sarà espulso

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Dopo 15 giorni di sciopero della fame grande vittoria per la famiglia Chfouka e per i diritti dei migranti. Da Lucca l’esempio importante di una mobilitazione che coinvolge associazioni di italiani e di immigrati, sindacati e singoli cittadini.
Dopo diciotto anni di permanenza di Italia Salah Chfouka, immigrato marocchino residente a Lucca, professore di francese e mediatore culturale, rischiava l’espulsione assieme a tutta la famiglia che lo aveva raggiunto da tre anni, con un regolare ricongiungimento familiare.
Ymane, la figlia maggiore, frequenta un corso di economia all’Università di Pisa ma l’Ateneo le ha rifiutato l’iscrizione al terzo anno sotto dictat formale della Questura di Lucca che la definiva “clandestina”. Hind, sua sorella, al quarto anno delle scuole superiori, rischiava di dover “festeggiare” il suo diciottesimo compleanno in Marocco. Questo perché in quel giorno scadeva il permesso di soggiorno per tutta la famiglia, rilasciato alcuni mesi prima dopo una sentenza del Tribunale dei minori di Firenze. Salah, da tre anni, ha pendente un decreto di espulsione rilasciato per un ritardo di quattro giorni nel presentare la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno.
Ma perché tanto accanimento contro questa famiglia?
Forse perché Salah è un immigrato diverso dal comune, non rimane silente di fronte ai soprusi, non accetta violazioni ai suoi diritti o a quelli dei suoi compagni immigrati. Un immigrato scomodo, dunque, per coloro che, come molte questure, applicano diritti a discrezione e rilasciano permessi di soggiorno con criteri “discutibili”.
In due anni di lotta contro quell’ingiusto decreto di espulsione, Salah ha coinvolto associazioni, sindacati, amici e conoscenti, che si sono uniti a lui in una vertenza contro poteri forti.
Il 2 ottobre Mario Ciancarella, vicepresidente dell’Aimac, associazione fondata assieme a Salah, ha deciso, con lui, di iniziare uno sciopero della fame come strumento ultimo per rivendicare il diritto a rimanere in Italia con la sua famiglia. A Mario e Salah si sono uniti in pochi giorni esponenti di molte associazioni lucchesi tra cui ManiTese, l’Arci, Cittadinanza Attiva, ma anche dei sindacati (Cgil, Cisl e Uil) e i partiti della sinistra radicale cittadina.
Ogni giorno nuove adesioni e messaggi di solidarietà pervenivano da tutta Italia, ogni giorno nuove persone decidevano di iniziare lo sciopero della fame. Ogni scioperante continuava a condurre, nei limiti del possibile, la vita di sempre tra lavoro, scuola e famiglia. Ogni giorno dalle 13 alle 14 e dalle 18 alle 19 gli scioperanti allestivano, nella Piazza della Stazione, un camper con striscioni, cartelloni, bandiere della pace, volantini e appelli da firmare.
Il movimento cresceva passo dopo passo, all’assemblea in Provincia convocata dagli organizzatori dopo sei giorni di sciopero della fame, oltre duecento persone affollavano il salone e intervenivano animando e alimentando la battaglia. Cefalea, insonnia, stipsi, malessere generale sono stati i primi sintomi degli scioperanti, decisi a proseguire lo sciopero fino all’ottenimento del permesso di soggiorno per tutta la famiglia.
Soltanto dopo oltre dieci giorni di sciopero della fame e l’interessamento dei media [tra cui Carta] a livello nazionale giungono spiragli di trattativa con il governo. La sottosegretaria all’immigrazione del ministero dell’Interno, Marcella Lucidi, pare però orientata a seguire le indicazioni della Questura di Lucca che avrebbe voluto spedire in Marocco tutta la famiglia che da là avrebbe potuto richiedere la venuta regolare in Italia. Una soluzione inaccettabile sia per Salah e la sua famiglia che per gli organizzatori della mobilitazione.
Martedì 17 ottobre, al quindicesimo giorno di sciopero della fame, giunge finalmente la bellissima notizia della sentenza del Tribunale dei minori di Firenze, a cui si erano appellati gli organizzatori, che concede alla famiglia un permesso di soggiorno per altri tre anni. Una grande vittoria per il movimento cresciuto a Lucca e che ha deciso di continuare a lavorare in rete per il rispetto dei diritti dei migranti e perché quanto prima sia radicalmente modificata la terribile legge Bossi-Fini ancora in vigore.
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