Ad 89 anni muore Maria Eletta Martini. Quel che ha perso la politica

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Ad 89 anni muore Maria Eletta Martini. Quel che ha perso la politica

LUCCA. Non si pecca di presunzione ad affermare che la parabola di Maria Eletta Martini abbia incarnato un modo di partecipare alla cosa pubblica, e di fare politica, che è ormai in via d’estinzione. Propugnare percorsi culturali di coinvolgimento e legittimazione delle realtà più vive del Paese, farli valere nelle sedi decisionali avviando processi di partecipazione e confronto, anche aspri, capaci di superare le resistenze, confrontarle con tutti, abbattendo gli steccati ideologici e tenendo a stretto riferimento l’orizzonte disegnato dalla nostra Costituzione.
In questo senso il percorso di riconoscimento, ingresso e legittimazione del volontariato in Italia è emblematico e non a caso segna uno dei principali meriti riconosciuti da ogni lato alla Martini. Meriti di cui lei, peraltro, si affannava sempre a condividere le responsabilità con i tanti protagonisti, a tutti i livelli, che ne abbracciarono visioni e azioni.
Non a caso Maria Eletta Martini parlava di “processi culturali” come quello che portò alla nascita del Centro Nazionale per il Volontariato nel 1984. “Affrontammo -si legge nell’intervista raccolta da Riccardo Andreini e contenuta nel libro “Volontari gente comune” curato da Antonella Paoletti- temi strategici come ‘volontariato, società e pubblici poteri’, ‘volontariato negli orientamenti legislativi regionali e nazionali e nella ricerca di nuove politiche sociali’ e ‘volontariato e enti locali’. Erano temi nuovi, che in qualche modo aprivano il dibattito culturale negli anni successivi. Eppure in questi incontri non abbiamo mai votato un documento. Dopo il confronto, il dibattito, la circolazione delle ideee la presentazione delle esperienze, ritenevamo giusto che ognuno tornasse alla propria casa e facesse quello che riteneva più opportuno nel proprio ambiente. Non era la paura di creare spaccature; stavo in politica e non mi spaventavano le divisioni, quanto piuttosto la volontà di garantire, nel confronto, la presenza di tutti. Proprio questa scelta ci garantì un’ampia partecipazione e una ricchezza di contributi al dibattito senza precedenti. Li definivamo ‘luoghi intermedi’”.
Il nome di Maria Eletta Martini viene legato, e sono pochi coloro che continuano a dimenticarlo, al processo di approvazione della Legge quadro sul volontariato del 1991 che ebbe come tappe fondamentali i convegni che si svolgevano a Lucca negli anni ’80. Un percorso lungo e tortuoso, caratterizzato da alti e bassi corrispondenti alle varie situazioni politico-parlamentari con le quali si intrecciava. Ma la prima vera conquista pubblica del volontariato fu nel 1977 nella discussione che alla fine degli anni ’70 dette vita al Sistema Sanitario Nazionale. “I miei colleghi -ricorda la Martini- sapevano che non ero certo estranea al mondo del volontariato; la mia toscanità e la mia ‘lucchesità’ mi avevano messo in contatto continuo con le esperienze di solidarietà presenti sul territorio e sapevano anche quanto ero vicina a parte dell’associazionismo cattolico”.
Interlocutrice del volontariato laico e cattolico, in particolare quello toscano -Misericordie e Pubbliche assistenze in primis- dai numeri già molto grandi, la Martini, in qualità di presidente della Comissione Sanità della Camera dei Deputati, venne incaricata di verificare la possibilità di modificare il DPR 616 del 1977 che aveva provocato la contrarietà di molte sigle del volontariato per l’attribuzione ai Comuni delle funzioni relative alle organizzazioni di volontariato le quali erano però già capillarmente distribuite sul territorio e federate nei livelli regionali. “Questo mio impegno -ricorda la Martini- mi mise in contatto con le realtà del volontariato, in modo particolare con le esperienze di solidarietà nel settore socio-sanitario, e mi spinse a confrontarmi continuamente con i temi della solidarietà, della partecipazione…”.
Si avviò così un metodo di lavoro diverso che la Martini riassume così: “Nel 1977 introdussi un metodo di lavoro verso il quale c’era diffidenza: il coinvolgimento delle parti sociali, nel tentativo di elaborare documenti, non solo dopo averle ascoltate, ma coinvolgendole direttamente prima della stesura”. Già per l’approvazione della legge sanitaria, la Martini girò mezza Italia, conoscendo moltissime realtà di volontariato e facendosi assorbire totalmente dall’impegno di sostegno al “mondo della gratuità solidale”. Un metodo che creò uno schieramento trasversale capace di approvare, al primo articolo della legge, un comma secondo il quale “le associazioni di volontariato possono concorrere ai fini istituzionali del Servizio Sanitario Nazionale nei modi e nelle forme stabiliti dalla presente legge” e l’articolo 38 regolò i rapporti fra organizzazioni di volontariato e le USL, modificando la legge.
La Martini ricorda i molti alleati che trovò a Lucca e in sede romana poi nello storico processo di approvazione della Legge Quadro del 1991: l’allora presidente della Provincia Giuseppe Bicocchi, Ela Mazzarella e altri dirigenti pubblici che lavoravano nel Comune e nella Provincia di Lucca nei settori sociali, Don Bruno Frediani fondatore del Ceis. Poi in sede romana il senatore Roberto Ruffilli, ucciso dalle Brigate Rosse nel 1988, il senatore Nicolò Lipari, il professore Cesare Mirabelli, Presidente Emerito della Corte Costituzionale, gli onorevoli Maria Pia Garavaglia, Rosa Russo Iervolino, Daniela Mazzucconi, Leopoldo Elia e molti altri. Ma anche fuori dalla Dc, come ricorda il suggestivo incontro con Pietro Ingrao che presentando il progetto di legge del Pci sul volontariato riconobbe alla Martini: “noi pecchiamo di astrazione, voi cattolici avete capito prima di noi”.
Una visione del volontariato, quella della Martini, profondamente politica, che trova la massima espressione nelle forme organizzate -fondamentali nell’interlocuzione con gli enti pubblici-, ma che travalica in tutti gli aspetti della socialità e della vita delle persone per diventare un modo di vivere e coltivare la democrazia. Non a caso la Martini amava rievocare la fermezza di Luciano Tavazza nel rifiutare l’appellativo “L’esercito dei buoni” e la sua passione nel rivendicarne il ruolo “politico”. Non a caso negli ultimi anni della sua vita ha affiancato alla parola volontariato quella di “partecipazione” nella creazione della Fondazione di ricerca nata a Lucca nel 2008 e da lei fortemente voluta. Non a caso la lettura di tutte le sue pagine dimostra ancora quanto siano attuali il suo pensiero e la sua visione e come la strada tracciata in quegli anni abbia ancora molto da dire all’Italia della solidarietà e del volontariato.
Giulio Sensi
Volontariato Oggi